Rispondo all'off-topic di Trunz, sul folle progetto di Crocetta, che non meriterebbe invero nessun commento, se non finisse per essere suscettibile d'incidere pesantemente sulla vita e le prospettive di Acireale.
La superficialità e il pressapochismo di tale progetto - pari solo alla sua velleitarietà - emerge infatti sin dall'elenco (ad oggi ancora sconosciuto) dei comuni che farebbero parte dell'Area metropolitana. Le ultime notizie davano escluse dall'area sia Acireale che Acicatena, mentre la versione approvata dalla giunta risulterebbe includere ed escludere Acicatena. Di qui le due tesi che si rincorrono: l'errore è l'esclusione di Acicatena oppure l'errore è l'inclusione di Acireale. Va da sé che sia gli acesi che i catenoti sperano di essere entrambi esclusi, ma in ogni caso, prima che si precisi qual'è la verità la malafiura del governo Crocetta è certa, e da questa partiamo.
Naturalmente se è vero, come pare, che occorra in ogni caso un referendum da parte dei comuni interessati, sappiamo già tutti che il progetto nasce morto, almeno per quanto riguarda Acireale (già piena di striscioni contro la malaugurata ipotesi), ma mi piace far finta che non lo sia e discuterlo nel merito, nella sua follia, nella sua stesura priva non dico di qualche riguardo per la Città di Acireale (come la mettiamo con il titolo cittadino), ma nemmeno di una logica minimale e di una sia pur vaga consistenza. In ogni caso, anche se Acireale e Acicatena fossero escluse, come tutti speriamo, non siamo insensibili al grido di dolore che si alza dalle altre comunità, prime tra tutte Acicastello (davvero inc.. zzata), Aci S: Antonio, Aci Bonaccorsi, Valverde (dove tra l'altro ho casa), Trecastagni e chi più ne ha ne metta.
Il progetto è infatti, nei confronti di Acireale e degli altri territori delle Aci:
a) offensivo in principio, privo di qualsiasi consultazione preventiva da parte dei terriori interessati (altro che democrazia) oltre che di qualsiasi considerazione circa l'omogeneità socio/culturale del territorio acese, la sua alterità rispetto a quello catanese, con cui - come ha ribadito a chiare lettere il sindaco di Acireale - è sentita anzi una forte rivalità, ben nota in campo calcistico, ma che si lega ad ogni risvolto del viver civile; un allargamento della città metrpolitana, se proprio tale aborto si deve fare, sarebbe stato certo molto più accetto ai belpassesi e ai paternesi, che forse avrebbero più gradito, privi come sono di una forte identità autonoma, diventare "catanesi" (sia pure di serie B);
b) contrario agli interessi della comunità acese, dove non mancano alcune delle migliori imprese siciliane la vocazione turistica e agricola è dominante e mal si concilia con la pessima immagine di degrado urbano fornita dal territorio catanese e con l'inevitabile riduzione a periferia messa da parte che aspetta chi avrà la sventura di entrare nella cosiddetta "metropoli" (ma quale?). Si tratta di località che, semmai, avrebbe bisgono di maggiore visibilità autonoma, altro che diventare quartieri di un grande centro informe, che ovviamente privilegerebbe la Plaia rispeto alla scogliera e il centro catanese rispetto a tutti gli altri, destinati a diventare simili a Librino. Già me li immagino le guide turistiche del 2063 "per il turista che avesse tanto tempo a disposizione e voglia di affrontare un itinerario periglioso, potrebbe essere un'idea visitare i quartieri di Acicastello e Acireale, dove un po' perse tra tonnellate di cemento derivate da un'incontrollata immigrazione restano alcune vestigia di antiche chiese e palazzi nobiliari -ormai ridotti quasi in rovina - e può se ci si sporge vedere anche qualche residuo dell'antico castello e dei faraglioni, solo parte sommersi dalle costruzioni abusive";
c) privo di qualsiasi precedente confortante, visto che: il degrado urbano di Mestre e Marghera è noto a tutti, a fronte dello splendore di Venezia (che poi è Venezia, mica Catania, con la sua pregevole tradizione di buona amministrazione: ad ogni buon conto comunque gli immgrati vendeziani sulla terraferma ormai condizionano le scelte dei mestrini, che ne vorrebbero andare, ma non possono, ormai sono minoranza); la bellissima Nervi, un tempo meta di turismo internazionale, è ormai deserta di sera e ridotta così male dal degrado seguito alla costituzione della grande Genova, da preferire non essere più ricordata, nonostante la magnifica passeggiata a mare; gli stessi comuni accorpati nella grande Milano sono sinonimo di ghetto (Comasina, Affori, Crescenzago, Quarto Oggiaro); e Ostia è diventata una sorta di baraccopoli, in evidente contrasto con Fiumicino che, una volta conquistata l'autonomia da Roma, è rifiorita d'un colpo;
d) anche i paragoni internazionali azzardati sono completamente sballati. I dintorni di Parigi (ma veramente Catania vuole paragonarsi?) sono noti per essere bruttissimi (tranne Neuilly) e trascurati, a fronte di una città bellissima. Le comunità come Versailles, invece, sono ridivenute importanti centri nevralgici turistico/commerciali solo da quando di sono allontanati dalla tutta tutela soffocante di Parigi. La città metropolitana di Bruxelles ha invece l'unica ragion d'essere nella tutela di un comprensorio francofono nell'ambito del brabante fiammingo. In Danimarca, viceversa, esiste Fredricksberg, che pur circondata dal comune di Copenhagen, ha amntenuto autonomia munificpale, e dovete vedere che gioiello, molto più efficiente e pulito della città circostante, con giardini da favola!
In conclusione, no alla città metropolitana, secco e definitivo. Con ciò naturalmente non voglio assolvere la pessima classe politica acese (ma sempre migliore di quella catanese, con soggetti come Scapagnino, Stancanello e Bianco e i suoi derivati), che avrebbe dovuto ben prima agire per prevenire questa follia!
Viva Acireale.