Vecchi giornali, riviste, qualche libro, fogli sparsi qua e là, qualche ricerca in internet (pochissima roba in verità), siti rosanero consultati, ricordi personali, verità postume, ricostruiamo una cronistoria abbastanza dettagliata sulla calda estate palermitana del 1986 che vide la società Rosanero dover far fronte a due enormi incombenze: il processo per il totonero e l'iscrizione al campionato, minata dai pesanti debiti e dalle esplicite minacce della lega di non iscriverla al campionato. Il Palermo di Antonio Valentin Angelillo, sostituito poi dal compianto Veneranda, aveva da poco raggiunto la salvezza, dopo gli sfavillanti proclami di inizio campionato con l'acquisto dei Vella e Sorbello, la riconferma del funambolo Maiellaro (che dopo l'infortunio che lo vide in fin di vita nella gara contro il Benevento, tornò a correre più di prima), della piacevole conferma di De Vitis, l’autore al 89esimo del gol al Messina di Scoglio che, nei fatti, valse la promozione tra i cadetti nell'anno precedente. Chissà che Palermo sarebbe stato senza le follie di Angelillo, cultore del "libero & playmaker" Ceccilli ed i suoi lanci lunghi a scavalcare il centrocampo, che nel mercato di riparazione fece cedere De Vitis e Maiellaro lasciando di fatto il Palermo senza punte e senza fantasia. Ricordo quando l'ultima in casa del Palermo, non ricordo contro chi, dagli altoparlanti dello stadio venne lanciato l’appello della società (Matta & Schillaci) a sottoscrivere d'urgenza il nuovo abbonamento per "preparare un Palermo più forte e combattivo" (oggi invece sappiamo che quei soldi servivano per scongiurare un fallimento ma ci sarebbero voluti migliaia e migliaia di abbonamenti per far fronte alle pendenze). L'appello, inutile aggiungerlo, fu accolto da una selva di fischi, anche perché la squadra veniva da un campionato deludente e, proprio sul finire, due KO consecutivi per 4-1 (questo, ahimè!, lo ricordo ancora). Storie vecchie, torniamo al tema del topic.
Impazzava ancora lo scandalo scommesse in cui il Palermo, per via di alcuni suo tesserati disonesti, si trovava alla sbarra degli imputati.
Oltre ai due principali dirigenti, Matta e Schillaci (che si beccheranno 4 mesi di squalifica a testa), nello scandalo del toto nero c'era anche mezza squadra palermitana: Guerini (squalifica 37 mesi), Majo e Ronco (36 mesi), Barone (5 mesi), Benedetti, Bigliardi, De Biasi, Di Stefano, Falcetta, Pallanch, Pellegrini, Pintauro, Piga e Sorbello (1 mese a testa).
Il Palermo, in sede di giudizio, si avvale della pregevole opera di uno dei più valenti avvocati dell'epoca operante in città: Salvatore Gallina Montana. Questi, nella sua arringa difensiva, riesce a smontare il principio della responsabilità oggettiva, eccepita come un assurdo secondo il quale viene punito chi poi, nei fatti, ha subito i danni maggiori, la società, e rivendica alcuni principi giuridici, peraltro ignorati dalla giustizia sportiva, che non tiene conto della sproporzionalità tra la colpa e la pena inflitta. Il Palermo, seppur in affanno, ne esce con 5 punti di penalizzazione, da scontare nel prossimo campionato. Lo scoglio sembra superato senza danni irreparabili ma c'è adesso da superare l'altro grave ostacolo: l'iscrizione al campionato.
Ci sono le ricevute liberatorie dei giocatori (imprudentemente firmate da questi ma senza aver ricevuto una lira) e Matta e Schillaci non si peritarono affatto di presentarle, come a dire: "è tutto in ordine". Ma quando si avvicinarono le gare di coppa Italia, senza i soldi dovuti, i giocatori si rifiutarono di scendere in campo e la società si vide costretta a schierare la squadra primavera. L'esordio è a Genova ed incominciano già le prime grane con l'albergo dove alloggia la squadra che, avendo avuto sentore degli storici tappi che la società rosanero va lasciando in giro per l'Italia, minaccia di buttar fuori giocatori e bagagli già alla vigilia della gara. Matta e Schillaci capiscono che c'è poco da stupitiare e cacciano fuori un acconto. All'albergo Sarentino di Genova, ancora oggi aspettano il saldo
La squadra di giovanissimi strappa un prezioso pareggio e fa breccia nei cuori dei tifosi; quel manipolo di ragazzini tutto cuore e coraggio, dopo una estate passata tra tribunali, procure, avvocati, vertenze, appare la faccia pulita di questo calcio marcio, miliardario ma pieno di debiti, ancora scosso dal toto scommesse e con la spada di Damocle dell'iscrizione che pende sul proprio capo. Otto giorni dopo si gioca in casa con l'Atalanta e la primavera rosanero, piccola icona di un calcio sano, pulito e genuino, non un prodotto avviluppato da sonanti contratti e interessi pecuniari ma fatto di passione e attaccamento alla causa, viene accolta da un caloroso bagno di folla alla vecchia Favorita. Accoglienza da Champions, applausi a cuore aperto, tifo incessante e sostegno spontaneo e incondizionato, un tripudio di cori e di bandiere al vento di cui alla vecchia Favorita se n'era perso il ricordo, erano forse testimonianza di un malessere che cominciava già a pesare sulla serenità di ogni tifoso. Quello, il pubblico, non era mai venuto meno. Ma cuore e coraggio, voglia di crescere e di emergere, spirito d'intraprendenza, non bastano ad avere la meglio sui più tecnici avversari e la squadra viene travolta con un inappellabile 0-3 (ricordo benissimo) che costituisce il primo campanello dall'allarme, le prime avvisaglie di un temporale che si farà presente di lì a poco. Pensare di poter fare a meno del professionismo degli "ammutinati" è un'idea che fu accantonata con la stessa immediatezza con cui fu prima coltivata non solo in città, tra la tifoseria, ma anche in società. Matta e Schillaci tentano una trattativa con la rosa di prima squadra. C'è tanta buona volontà di far fronte ai propri impegni ma purtroppo in cassa non c'è una lira. Come se non bastasse, dalla lega fanno sapere che quest'anno non si guarderà in faccia nessuno, che chi non avrà i conti in regola ed una situazione economica sana alle spalle, non potrà essere iscritta al campionato. Le squadre che rischiano sono Lazio, Cagliari e Palermo. Quest'ultima, non solo deve trovare i fondi per l'iscrizione ma deve anche rifondere un mutuo di 2 miliardi garantito dalla federazione e deve dimostrare di non avere altre pendenze inderogabili con creditori privilegiati (alias i giocatori). Una carta, questa dei due miliardi, che Matta e Schillaci tentano di rivolgere a loro favore. Infatti la Lega (di cui Matta era stato vicepresidente poco prima, a fianco proprio di Matarrese), secondo loro, ci dovrà pensar su 100 volte a dichiarar fallito il Palermo se volesse recuperare i due miliardi del mutuo. E ci dovranno pensare anche tutti i palermitani e a tutti i livelli, dai semplici tifosi che hanno a cuore le sorti della squadra, alle forze politiche, a quelle economiche, alle banche ed a chi, insomma, avanza soldi. E così, lanciato l'allarme, avanzata senza mezzi termini la richiesta di soccorso per scongiurare il fallimento della squadra, la prima a farsi presente è la Sicindustria che in quel periodo era diretta da Salvino Lagumina, ex consigliere d'amministrazione del Banco di Sicilia, convinto più di altri che l'esclusione della squadra renderebbe l'immagine di Palermo più negativa di quanto già non lo sia di se; e scende in campo anche il mondo politico locale, nelle persone del Ministro Carlo Vizzini e del Sindaco Leoluca Orlando, forti dell'intero consenso popolare ma anche del sostegno dei media locali che nei loro articoli e nei loro servizi televisivi cominciano a ostentare un tono partigiano, quasi mosso da quel senso di vittimismo ancestrale molto diffuso nella nostra isola che da sempre ha rimarcato distinzioni tra nord e sud.
Carlo Vizzini è figlio di Casimiro Vizzini, presidente del Palermo negli anni 50/60, lui alla vecchia Favorita, praticamente ci è cresciuto e le sorti della squadra gli sono state sempre familiari, vissute in prima persona.
E poi c'è Leoluca Orlando, sindaco del rinnovamento e della primavera palermitana: figura emergente della politica locale, si trova a cavalcare l'onda della "crociata" rosanero non solo per la sua passione verso la squadra della sua città ma anche per l'arricchimento d'immagine che ne deve conseguire. E poi, in rappresentanza del comune, c'è anche un credito di 160 milioni che la squadra dovrebbe versare per l'affitto dello stadio, una ragione in più, se già non ve ne fossero abbastanza, per patrocinare le sorti del sodalizio rosanero.
Continua.....