Alessandro Amato
La serie A, la finale di coppa Italia, le vittorie contro Juve e Milan. Ma adesso c'é un bivio: il rilancio o il declino
Il nostro Palermo più bello nei dieci anni di Zamparini
Dieci anni di Zamparini a Palermo. Bilancio complessivo: ottimo. Perché io della serie A avevo sentito raccontare da mio padre, ma non l’avevo vista. Zamparini ha provveduto, replicando anno dopo anno.
Il 29 maggio 2004 è stato un giorno indimenticabile: l’aspettavo da una vita. Il 29 maggio 2011, finale di Coppa a Roma, è stata una giornata elettrizzante anche se finita male. I derby vinti segnando cinque gol al Catania, le tre vittorie in casa della Juventus, i successi a ripetizione con il Milan sono storia. Non abbiamo mai rischiato di retrocedere. Sono capitoli firmati Zamparini. Dunque, chi dice che il friulano fa cose sbagliate non capisce o fa finta di non capire.
Ha ragione, invece, chi dice che il friulano potrebbe fare di più e, soprattutto, ha tanta ragione chi sostiene che avrebbe potuto fare meglio. Ha avuto alle sue dipendenze giocatori e tecnici eccelsi, ha ingaggiato Corini, Zauli, Barzagli, Grosso, Toni, Amauri, Kjaer, Nocerino e Pastore ma ha sempre considerato tutto e tutti di passaggio: i calciatori da vendere per incassare e tenere saldo il bilancio, i tecnici da esonerare perché insopportabili o presuntuosi o traditori o complessati o semplicemente impossibilitati a trovare sintonia con un personaggio incontrollabile.
Dieci anni positivi, nonostante proclami e ingaggi di molte mezze calzette spacciate per fenomeni.
Ma ci sono anche altri segnali. L’apprezzamento è in netto calo, i piazzamenti in classifica pure (negli ultimi due campionati ottavo e quindicesimo posto), così come le presenze allo stadio. E non scappano solo i tifosi. Abbiamo visto dirigenti in fuga (Sabatini, Sogliano, Panucci) e allenatori arrivati sereni e andati via esauriti. Il centro commerciale, intanto, è nato. Il centro sportivo nascerà. Lo stadio non si sa.
Il confronto sulla strategia del presidente ha acceso il dibattito degli ultimi due anni. Con buona pace di tutti questa estate Zamparini calerà le carte sul tavolo. Questa volta non potrà raccontare che Lores è il nuovo Pelè, che Joao Pedro è Zico, che Ilicic è l’inventore del calcio. Lo racconterebbe in uno stadio vuoto, lo racconterebbe a se stesso. Lo svincolo è lì, il presidente deve scegliere la strada: rilancio di programmi e nuova passione popolare oppure lento declino nell’indifferenza di una tifoseria che si sta svegliando da un sogno?
(05 giugno 2012)
Articolo che sottoscrivo in pieno e che rappresenta la mia posizione. Zamparini ha fatto ottime cose, ma poteva fare molto di più e quello che ha mancato non è stato soltanto da ascrivere alla sorte o alla condotta di altri, ma soprattutto al suo carattere e alla sua politica che ormai, va ribadito, mira al solo mantenimento, possibilmente comodo, della categoria e alla creazione di plusvalenze.
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