le scorse stagioni in A abbiamo assistito a momenti del campionato in cui il nostro Catania sfoderava delle ottime prestazioni (seppur avare di punti) con le c.d. “grandi” che ci facevano pensare come, in proporzione, sarebbero corrisposte a delle eccellenti vittorie con le pari grado.
Quella dolce illusione che provai dopo le convincente prestazione a Firenze nella stagione 2007-2008 o in casa dell’Inter (2009-2010), della Roma (2010-2011) e nel match casalingo con l’Inter (2010-2011 immediatamente dopo la partita all’Olimpico).
Dolci illusioni, tramutate in cocenti delusioni in quell’incontro che risultava sulla carta alla nostra portata dove un Catania brutta copia di quello di appena sette giorni prima veniva surclassato dall’Empoli o dal Chievo di turno.
La mia personale convinzione circa questa repentina ed inspiegabile involuzione a cui assistemmo in queste succitate occasioni sta più che mai in quella personcina che con la qualifica di allenatore guidava la squadra rossazzurra. Nella sua incapacità di trasmettere ai giocatori la giusta carica mentale, in un match contro una “non-grande” che si sarebbe dovuto tradurre in continuità di gioco e di prestazione capitalizzata poi in vittoria. Macchè, i signori Baldini, Atzori e Giampaolo, ognun per i propri personali limiti, avevano gettato alle ortiche delle ghiotte occasioni per dare la giusta marcia ai rossazzurri. Più di tutti mi fa ancora inkazzare da morire l’atteggiamento di mister Giampaolo che dopo le sfortunatissime ma eccellenti prestazioni in casa della Roma e subito dopo al Massimino contro l’Inter, invece di intuire da questi due match quanto di veramente buono e di ancora inespresso potesse avere il Catania, invece di esaltare quanto di positivo potesse avere la squadra, si limitò a predicare solo prudenza alla vigilia della sfida contro il Chievo, che lui giudicava una squadra di spessore, di cui aver timore. E mi incazzo ancor di più quando penso che dopo quello scialbo 1-1 contro i clivensi, il tizio di Bellinzona si riteneva soddisfatto per il punto casalingo, non rendendosi conto di come stava lentamente disintegrando la squadra dal punto di vista psicologico, dell’autostima.
Squallidi clichè che non appartengono minimamente (per indole personale, per i livelli vissuti da giocatore, per mentalità) al nostro attuale “aeroplanino”, il quale confermo e ribadisco ancora una volta, è un “cavallo di razza” che sta sapendo e saprà dare per tutto il campionato continuità, continuità e ancora continuità di rendimento, di gioco e di prestazione al nostro Catania.
Abbracci