Casorezzo (MI), 13 Giugno 2006
Cari forensi,
la festa sembra non finire mai; sabato scorso, il 10, a Campogalliano (MO) c’è stato un raduno di Catanesi residenti in Alta Italia, un evento organizzato dal gruppo degli Old Elephants (ah, gli anglismi!). Per l’occasione ho pernottato in un albergo in paese con moglie e figlia, perché prevedevo che i festeggiamenti sarebbero finiti sul tardi e pertanto non mi sembrava prudente rimettermi al volante dopo avere assunto una discreta quantità di alcool. Dopo aver sistemato il bagaglio in stanza, avere indossato una maglia rossazzurra e aver imposto altrettanto a mia figlia, siamo andati nel locale prescelto, ovverosia “La bella Italia”, una cui sala è stata destinata ai cinquattotto gaudenti in giubilo per l’ascesa del Catania. Ho incontrato naturalmente tanti amici conosciuti in questi ultimi anni: Aldo da Como, che peraltro ha passato la notte nel mio stesso albergo, Aldo da Correggio, Francesco da Rovigo, Danilo, Mast da Treviso, l’ecista (“fondatore”: si ricordi che presso i Greci i fondatori di città ricevevano dopo la morte onori divini) del club, cioè Santo da Pesaro, il presidente Nico Thor da Verona, Renato da Desenzano, meglio conosciuto come Johnny Tre Dita, Lino da Bologna, soprannominato Prezzemolino, perché non mi pare che ci sia mai stata trasferta in cui lui non fosse presente (si vocifera che nella stagione 1997/1998 si perse una poco memorabile partita in quel di Tricase contro la formazione locale, perché il sabato sera si era preso una sbronza e quando si risvegliò era già lunedì, ma lui se ne accorse purtroppo solo quando trovò chiusi i cancelli dello stadio). Devo dire con compiacimento paterno che la mia Agata in maglietta rossazzurra ha riscosso un discreto successo: già è simpatica di suo, ma con quella mise non poteva proprio fallire in un contesto come quello di cui parlo. In verità la cena è stata solo un pretesto per celebrare ulteriormente il trionfo del 28 Maggio, data ormai scolpita nei cuori che palpitano per il Catania: tante sono state le riprese amatoriali dell’evento sottoposte alla visione degli astanti. Devo dire che ho provato una certa invidia per chi c’era e un profondo rammarico per non aver potuto fare altrettanto, ovvero io ci sarei potuto riuscire se la settimana prima, quando io ero a Lecce, il Brescia avesse deciso di giocare seriamente contro il Torino. Ma ormai è inutile questionare: l’importante è che la promozione ci sia comunque stata, anche se io non ho potuto gustarmela da vicino come ho sognato per tutto questo anno. La serata è riuscita sotto ogni aspetto: quello culinario e quello festaiolo. Ho scoperto che Lino e Nico hanno la stoffa dei presentatori, perché hanno introdotto impeccabilmente le premiazioni per i benemeriti del club, fra tutti il decano Aldo da Correggio, che quest’anno ci ha procurato i biglietti per la maggior parte delle trasferte, e inoltre hanno consentito di rilasciare dichiarazioni a diverse persone, fra le quali sono da annoverare io stesso, un onore che non so quanto io abbia meritato, dal momento che in questi due anni, data la mia recente paternità, le mie trasferte sono state ridotte all’osso. È stato piuttosto divertente quando Nico ha distribuito dei premi per le donne dei tifosi rossazzurri, costrette durante la stagione a sopportare le pazzie dei loro uomini: quando è venuto il momento di scartare i doni, il contenuto è risultato essere per ciascuna un paio di mutande bianche con una A ricamata, a simboleggiare che esse erano meritevoli della massima serie.
L’intera sala era tappezzata di striscioni, bandiere, poster e sciarpe rossazzurre e più volte durante la serata sono stati intonati inni: era difficile per gli altri avventori non notare la nostra presenza. Certo alcuni ci guardavano incuriositi, altri divertiti, ma non possono certo mancare i malevoli, perché a tarda serata, mentre portavo la mia bimba a prendere un po’ d’aria in cortile, ho notato uno sparuto crocchio di indigeni che discuteva e mi è parso che l’oggetto fossimo noi; questo dubbio è stato dissipato quasi del tutto quando, scorgendomi in maglia rossazzurra, hanno abbassato la voce, ma non abbastanza da non permettermi di sentire parole confuse e tuttavia inequivocabili: «Sono dei buffoni!... Il Catania... E se gli dicessimo: “Terroni, terroni!”?». Al che io mi sono girato a fissarli, ho mormorato in maniera decisa una frase del tipo: «Che stronzi!» e sono rientrato. È un buon segno quando chi solitamente prova del disprezzo d’un tratto esprime inconfondibili segni di invidia: si abitui perché questo è solo l’inizio. Com’è stucchevole la miseria umana, a qualsiasi latitudine essa si manifesti!
Finalmente è venuto il momento della torta, che ritraeva un campo di calcio, sul quale capeggiava un altro strato, naturalmente a forma di A, ricoperto da una decorazione che riproduceva uno striscione rossazzurro sul quale vi era scritto “Old Elephants”. L’occhio ha voluto la sua parte, ma anche le papille gustative hanno avuto la loro bella soddisfazione.
Anche le feste più belle hanno la loro fine e pertanto all’una di notte a molti è parso il caso di congedarsi: anche io, mia moglie e Agata abbiamo deciso che era giunta l’ora di tornare in albergo. Ma in ogni caso la festa per la promozione continua lo stesso in altra forma, perché solo quando riuscirò a prendere atto che il Catania è finalmente in A potrò concentrarmi sul campionato futuro e sulle eventuali gioie che ci procurerà. Comprendetemi, voi che potete: da troppi anni la massima aspirazione è stata quella di raggiungere questo traguardo e adesso che il sogno è realtà voglio godermela finché posso. A presto,
Marco Tullio