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Al 20 agosto (ossia a 3 gg. dall'inizio del campionato), è questa l'impietosa fotografia consegnataci dall'uditorio calcistico catanese in termini di abbonamenti sottoscritti. Stento a ceredere che ciò possa costituire la massima espressione, quanto ad "attaccamento fisico" alla squadra ed allo stadio, di una realtà che, quale area metropolitana, viaggia sugli 800.000 individui circa.
Se il trend sarà mantenuto, il Ct rischierà di avere meno abbonati (o un numero quanto meno equivalente) di quelli del Chievo, quartiere di Verona, città comunque da 250.000 ab. circa
.
Sorrido (con una malcelata punta di amarezza, però) al pensiero di quelle discussioni da bar in via Etnea o dove volete voi, incentrate sulla necessità che a Catania
"avissiru a ffari u stadiu chiu ranni, picchì o Cibali è nicu nicu..."!!!! Ovvero
"ci vulissi u stadiu da 60.000 posti pi na città comu Catania di un miliuni di abitanti" (espressioni testuali sentite con le mie orecchie in una rosticceria di Corso Sicilia...).
Lungi da me da voler fare i conti in tasca ai cittadini catanesi, vi confesso, purtuttavia, che ho grosse difficoltà a credere che la crisi degli abbonamenti costituisca mero ed unico riflesso della crisi economica ovvero di una migliore offerta televisiva. Ho il sospetto che le motivazioni siano da ricercare altrove; probabilmente, nell'innata tendenza del catanese generico medio a giudicare con diffidenza tutto ciò che, in qualche modo, abbia assunto i crismi del "definitivamente acquisito", del "tanto mi è dovuto". Credo, insomma, che passata la sbornia iniziale dovuta al ritorno nella massima serie, sia sopravvenuta quella genetica ritrosia tutta etnea di voler pazientare un tantino in attesa di maggiori e più clamorosi novità (tipo l’acquisto di un Messi in coppia con Cristiano Ronaldo, ovvero di un Buffon, o – ancora meglio – la cessione del club dell’elefante ad un magnate russo
“ca nesci i soddi, picchì Pulvirenti e Lo Monaco su tinti…”; anche qui riporto testualmente un’espressione da me sentita molto di recente all’aeroporto Fontanarossa…).
Insomma, il dubbio che certa assuefazione alla categoria stia (inconsciamente?) prendendo corpo alle falde dell’Etna (perché le trasferte a Castrovillari o a Gangi appartengono oramai ad un "lontanissimo" passato…), mi sembra alquanto legittimo.
Con queste premesse, mi chiedo solo quale futuro può avere il calcio a Catania, visto e considerato che ciò che gira attorno alla S.p.A. di Pulvirenti/Lo Monaco gode di un’attrattiva reale invero assai risibile.
Rosico nel vedere che, qui a Roma, la Lazio ha già fatto 22.000 tessere e la Roma punta decisamente a quota 30.000 (se pensate che la capitale conta poco meno di 3 milioni di abitanti, di cui un milione e mezzo potenzialmente romanisti ed un milione di laziali – dati dell’Osservatorio – il rapporto con Catania è decisamente impietoso).
Se a ciò aggiungiamo che il Catania è tra le 6 peggiori squadre di serie A per quanto riguarda l’indotto derivante dal merchandasing (anche se qui sovviene anche un difetto nella gestione del marketing da parte della società), beh, allora il quadro mi sembra ancora più fosco.
Non vorrei che questa mia analisi passasse per una visione estremamente pessimistica del fenomeno; per la mia personale visione della vita, infatti, il bicchiere è sempre mezzo pieno.
Ma i numeri sono numeri...ed in questo caso, mi sembrano anche abbastanza impietosi…
Fozzacatania.