Bruttissima partita, bruttissima sensazione di resa: della squadra, dello stadio "deserto". E in quel deserto la squadra si è smarrita alla pirma difficoltà, dopo aver subito il goal. E' difficilissimo giocare in quelle condizioni, fra l'altro, con giocatori arrivati a Catania da qualche settimana o da qualche giorno, che ancora non hanno capito dove sono e quello che devono fare. A ciò si aggiunge una carenza grave di organico in attacco ed il risultato è bello e servito. Anche il battagliero Lucarelli ha dovuto arrendersi a questa dimensione di abbandono. Salvo riprendersi, nel dopo partita, quel ruolo di condottiero in una battaglia impari, unico a proporre ancora la lotta sino alla fine in questo clima di depressione diffusa.
Vado controcorrente e ritengo che la squadra è stata, è e sempre sarà un patrimonio della città e dei tifosi, prima che di quel tizio che l'ha rovinata. Per cui sostenerla nelle partite in casa, con lo stadio pieno, fino alla salvezza sarebbe la cosa sensata da fare. Poi si vedrà.
Nel 2014 si è spenta la speranza di poter avere col Catania una iniziativa sportivo-imprenditoriale fuori dallo schema arruffone e di improvvisazione che culturalmente ci appartiene e che domina in ogni settore economico e sociale: fino a quel momento il Catania era stata un'esperienza sportiva condotta secondo i criteri della buona gestione e del merito. Nel 2015 il sogno si è definitivamente infranto sotto i colpi dell'infamante slealtà sportiva di colui che quel sogno aveva alimentato.
Ora, poiché al peggio non c'è fine, evitiamo di scrivere nel 2020 un'altra pagina nera con una retrocessione sul campo, che è ancora evitabilissima.