I gol di Toni, la rete di Emanuele Filippini e la festa che esplode vera, genuina, indimenticabile. Una festa che fa parte della mia vita. Quel 29 maggio non lo dimenticherò mai. E’ il giorno in cui il “mio” Palermo ritornava in serie A dopo tanti, troppi anni trascorsi lontano dal calcio che merita una città straordinaria. Io, che avevo sempre giocato nella mia terra e sempre in campionati lontano dalle cronache nazionali, mi sentivo quasi un “intruso” in quella squadra di campioni e in quel palcoscenico straordinario che è lo stadio “Renzo Barbera”. Uno stadio che, anno dopo anno, è diventato casa mia, così come considero casa mia una città che mi ha fatto crescere tanto, tantissimo come calciatore, ma soprattutto come uomo. Mi dicevano che Palermo fosse una “piazza esigente” e che “metteva troppa pressione”, io, sinceramente ho conosciuto “un’altra” città. Una città che ti accoglie con affetto, ti riempie di attenzioni, ti abbraccia ad ogni angolo di strada e ti incita ad ogni minuto di partita. Non ho segnato i gol di Toni o Amauri, non ho messo in mostra la classe di Corini o Zauli e non ho la falcata di Grosso, eppure la gente di Palermo mi ha ugualmente fatto sentire un campione come loro. Grazie a Palermo, e grazie al Palermo sono diventato un calciatore di serie A ed un calciatore di Coppa Uefa giocando in stadi che pensavo fossero per me “inaccessibili”. Devo ringraziare il presidente Zamparini che mi ha sempre apprezzato e devo ringraziare il direttore Foschi che mi ha voluto in rosanero quando giocavo nell’Albinoleffe. E devo ringraziare tutta quella gente che lavora nell’ombra per fare grande il Palermo. Ma un grazie, vero e sincero, attraverso gli amici di stadionews, lo devo ai tifosi rosanero che oggi lascio dopo cinque splendide, straordinarie, indimenticabili stagioni trascorse insieme. Spero che il Palermo possa raggiungere un giorno il traguardo della Champions League. Quel giorno io sarò allo stadio a tifare insieme a voi per i colori rosanero.
Beppe Biava
La conferenza di Corini mi ha infastidito, quella di Rinaudo mi ha lasciato indifferente, queste parole mi hanno commosso. Mi hanno toccato perché Beppe Biava prima ancora di essere stato un giocatore del Palermo, prima ancora di avere indossato la maglia rosanero per cinque anni, é stato, come da lui stesso ammesso, il brutto anatroccolo in mezzo ai bei cigni.
Biava era Biava, ma potevo essere io oppure Occasionale o Sergio o chi volete voi, il ragazzo venuto dal nulla e senza alcuna credenziale in una squadra che già allora era fatta da marziani. Eppure si é ritagliato il suo spazio, si é fatto apprezzare per la grinta e la decisione, per l'attenzione con cui marcava l'avversario, sopperendo ad un fisico che probabilmente non era da serie A. Il cuore però era da finale di coppa del Mondo ed é quello che é bastato alla gente per legarsi a questo giocatore.
Biava, sceso a Palermo dalle alpi Orobie una prima volta ad inizio anni novanta come Alpino al triste tempo dei Vespri Siciliani e ritornato da giocatore dieci anni dopo, ha scritto pagine importanti della nostra storia più bella e recente. Ora va via, ma quando tornerà da avversario prenderà almeno gli stessi applausi di Amauri.
E se li merita tutti.