A due anni esatti dal finale play-off tra Frosinone e Palermo, lo riporto qui perché certe cose non si possono dimenticare.
Sono sempre stato convinto che una persona non debba aver alcun timore nel mostrare le proprie emozioni attraverso un sano e liberatorio pianto scrosciante. Le lacrime, di qualsiasi genere, gioia, ansia, paura, tristezza sono la più sincera espressione di un sentimento che ormai non può più essere contenuto ed ha bisogno di sgorgare dagli occhi, sorgenti della cascata dell'anima.
Ed i tifosi del Palermo sono abituati a piangere, i tifosi del Palermo piangono da sempre, fin da bambini, piangono per le prodezze o le cadute dei loro eroi, per i successi indimenticabili, per le disfatte pesanti come macigni.
E negli ultimi 20 anni ne abbiamo avute di occasioni per liberarci del peso di entusiasmi irrefrenabili e delusioni cocenti: lacrime per promozioni esaltanti e retrocessioni frustranti, finali perse sul campo, ma vinte sugli spalti, storici successi mancati per un crociato rotto, ad un colpo di testa dal traguardo. Ma forse c'è un episodio preciso, una singola partita che è stata più di tante altre per la tifoseria rosanero un uragano di emozioni, un fallimento ancor più amaro perché ha avuto il demerito, senza che lo sapessimo, di segnare l'inizio di quella che poi sarebbe divenuta la fine.
A poco più di un anno di distanza dalla meritata retrocessione in serie B, il Palermo si ritrova a disputare l'incontro decisivo della stagione calcistica 2017/18, campionato in cui la squadra, inizialmente favorita numero 1 alla promozione diretta, deluse non poco le aspettative piazzandosi ad un non troppo soddisfacente quarto posto, costretta ad affrontare gli insidiosi Playoff, per l'immediato ritorno in serie A.
La pratica Venezia, in semifinale, viene archiviata senza troppi patemi d'animo con un pareggio all'andata in Laguna ed un tranquillo 1-0 al Barbera.
In finale i rosanero, guidati da Roberto Stellone, insediatosi sulla panchina a poche giornate dalla fine come sostituto di Bruno Tedino, affrontano una rivale già nota e già abbattuto in passato, il Frosinone di Moreno Longo, arrivato terzo in classifica e che ha visto svanire la promozione all'ultima giornata per colpa della rete dell'allora calciatore foggiano Roberto Floriano.
In un Barbera gremito i padroni di casa rimontano i gialloblu da 0-1 a 2-1, ottenendo un risultato positivo, ma che non può e non deve assolutamente creare illusioni.
C'è ancora un match di ritorno da giocare ed il Frosinone nel suo nuovo fortino, il Benito Stirpe, non ha certo intenzione di lasciarsi sfuggire la serie A per il secondo anno consecutivo; è il 16 giugno 2018, Frosinone-Palermo è la partita decisiva, o dentro o fuori, chi vince vola in parAdiso, chi perde sprofonda direttamente all'inferno
Passano pochi minuti e i ciociari lasciano subito intendere quale sia la tattica stabilita per avere la meglio sugli avversari: aggressività spietata, provocazioni, furbizia senza scrupoli, contando sulla spinta di un pubblico indiavolato. Il clima è tesissimo fin dalle prime battute, il Frosinone attacca, preme sull'acceleratore alla ricerca della rete che ribalterebbe il risultato dell'andata, il Palermo si difende come può e tenta di sorprendere la difesa frusinate con qualche sterile conclusione dalla distanza; i rosanero non stanno certamente offrendo una grande prestazione, ma non hanno la possibilità di esprimere il loro gioco, costantemente soffocato dall'irriverente e non sempre corretto pressing dei ragazzi di Longo, che in campo sono i padroni, sfruttando ogni fattore a loro favorevole.
Il primo tempo si conclude a reti bianche, tutti noi iniziamo a vedere una luce alla fine del tunnel, forse il miracolo può seriamente realizzarsi, ma le nostre speranze vengono letteralmente asfaltate al 52esimo quando Raffaele Maiello, centrocampista gialloblu, marcato poco, anzi per niente, riceve il pallone e lo insacca all'incrocio dei pali per il gol del vantaggio che fa letteralmente esplodere lo Stirpe; da qui saltano completamente gli schemi, il Frosinone ha innescato la miccia di una bomba pronta a scoppiare.
Le nostre mani iniziano a coprire il volto che già è in procinto di bagnarsi, dentro di noi percepiamo che qualcosa si è definitivamente rotto in questo atto conclusivo di una stagione disgraziata; e la realizzazione di questa strana sensazione arriva definitivamente pochi minuti più tardi, nel momento in cui l'arbitro La Penna, probabilmente intimidito dalle minacciose proteste dei padroni di casa, decide di annullare la propria decisione, non concedendo a Coronado il rigore solare inizialmente fischiato.
Ormai non c'è più storia, combattere forse non ha nemmeno più senso, perché un destino avverso ha evidentemente stabilito che nel calcio che conta per il nostro Palermo non c'è spazio e la delusione mista a scoraggiamento si tramuta in rabbia, disgusto, collera pura quando dalla panchina del Frosinone vengono spediti in campo diversi palloni, un'idea coraggiosa ed intelligente di Citro e compagni per bloccare l'azione rosanero ed innervosire i nostri ragazzi impegnati nel disperato tentativo di compiere un'impresa in cui ormai nessuno più sta credendo.
Le lacrime iniziano inevitabilmente a salire dal cuore fino agli occhi, mancano pochi istanti alla fine ed il crepaccio apertosi sotto i nostri piedi diventa un infinito baratro: Chibsah serve in profondità Camillo Ciano che corre indisturbato verso la porta e fulmina Pomini in uscita per il 2-0 conclusivo.
È finita, è la festa di un Frosinone vergognoso ed ignobile che torna in serie A con addosso il disgustoso olezzo della disonestà e della vigliaccheria, mentre un popolo intero, onesto e genuino fino alla fine, si dispera, si stringe in un abbraccio fatto di vero amore e condito da piccole gocce amare e colme d'ira
La serie A non era solo un solo un obiettivo sportivo, era fondamentale per sperare di sognare in un futuro migliore, per sperare di ripartire con quell' entusiasmo ormai sopito da anni, per sperare semplicemente di sopravvivere. Quella gioia ci venne strappata nella maniera più ingiusta possibile, dopo essere stati sconfitti in una finale Playoff da una squadra che, in 90 minuti, mostrò all'Italia intera tutto il proprio marciume e la propria meschinità, perché perdere nel calcio è accettabile, ma non a queste condizioni.
E ciò che quella serata laziale generò è ormai tristemente noto; fu il punto di rottura decisivo nella storia ormai al capolinea dell'US Città di Palermo, che l'anno successivo fu protagonista di un fallimentare epilogo dopo mesi di inganni e false speranze.
Ma dalle ceneri di quella tragedia, come sappiamo tutti, è sorta l'alba di una nuova era per Palermo e per il Palermo che ora, guidato dal suo grande Presidente, Dario Mirri, sta gettando le basi per una risalita immediata e gloriosa, nel segno della chiarezza, del rispetto e della giustizia, e magari quel destino tanto sfrontato darà la possibilità a tutto il popolo rosanero, squadra e tifosi, di dimostrare sul campo cosa voglia dire versare oneste lacrime di gioia dopo aver ottenuto un successo grazie all'onore ed alla correttezza.
(anonimo)