Signori, quello che conta è la vittoria, ottenuta senza demeritare, in una partita giocata con molta umiltà e contro un avversario che da qualche mese dava lezioni di calcio ovunque e contro chiunque. Abbiamo visto un Catania capace di arrivare in porta con belle giocate e difendersi con grinta, evitando agli avversari di riaprire la partita. Servivano gli attaccanti di peso, quelli capaci di fare salire la squadra e di vincere i duelli individuali, anziché nascondersi dietro gli avversari senza dare riferimento ai compagni. In questo senso, Pozzebon e Tavares sono determinanti (Tavares, altrimenti detto, secondo l’AFC, Tavaresh o Tavaresch, in base alle velleità linguistiche del giornalista di turno).
Inoltre, un difensore come Marchese, che sale a centrocampo per giocare e dialogare con i centrocampisti, è un valore aggiunto che nel calcio moderno è diventato fondamentale. Poi quando gioca sulla fascia, lasciando a Djordjevic la possibilità di avanzare, il Catania ha un’alternativa in più che in futuro potrebbe essere molto interessante. Di tutto il resto ne avevamo parlato prima della partita.
Io credo che questa partita l’abbia persa Auteri, perché ha caricato l’ambiente nella maniera sbagliata, recriminando sulla sfortunata partita dell’andata e trasmettendo ai suoi giocatori una sorta di vittimismo abbastanza visibile nella partita di ieri. Si lamentavano continuamente, dalla loro panchina arrivavano continue recriminazioni su ogni contrasto e il nervosismo aumentava per la grinta dei giocatori del Catania nel lottare su ogni pallone. Eppure, tra un lamento e un altro, la squadra più fallosa era proprio il Matera, colpevole di continui falli di frustrazione, dovuta all’impossibilità di fare il gioco cui sono abituati. Il Catania non si è chiuso nella propria difesa, ma ha contrastato la loro fonte di gioco a centrocampo. Quindi, vittoria meritata, senza se e senza ma. Adesso serve continuità.
Comunque, tanto di cappello al Matera, che continua a giocarsi meritatamente il primo posto. Infine, lasciatemelo dire, vedendoli in campo, ho provato anche un po’ di simpatia per loro. Ormai siamo abituati a vedere molti calciatori con queste capigliature da Mohicani che a volte non ci permettono di distinguerli l’uno dall’altro. Invece, ieri abbiamo visto giocatori umani, tutta sostanza e poca apparenza, tanto che il buon Iannini con la sua panzetta e Negro con la sua chierica sembravano usciti da un album di figurine di un mondo che non c’è più. Onore a loro.