Vi racconto una storia realmente accaduta dalle nostre parti.
Qualche anno fa un noto imprenditore etneo, distintosi per la costruzione di numerose ville di lusso nell’ hinterland catanese, aveva affidato la gestione di un prestigioso albergo 4 stelle sulla costa orientale isolana ad un importante tour operator di caratura internazionale con lo scopo di dare una impronta manageriale e professionale alla struttura ricettiva.
Il contratto con la multinazionale prevedeva il riconoscimento di una commissione annua rapportata al fatturato che l’albergo avrebbe conseguito, sulla base di un budget che il gestore avrebbe dovuto raggiungere anno per anno, sino alla scadenza contrattuale (otto anni, rinnovabili per un medesimo periodo).
L’accordo tra le parti prevedeva inoltre per il proprietario della struttura, ossia l’imprenditore catanese, il sostenimento di spese per alcuni milioni di euro per “riadattamento locali” sulla base degli “standard” qualitativi imposti dal tour operator per ovvie ragioni d’immagine.
Dunque da un lato un bellissimo albergo sulla riviera ionica in zona di pregio, dall'altro la serietà e solidità di un grande industria del turismo di livello mondiale. Sulla base di tali apparenze, chi si sarebbe tirato indietro di fronte ad una tale allettante opportunità che sulla carta offriva ottime prospettive di reddito a lungo termine?
Messo nero su bianco e consegnato in toto l’albergo alla controparte, l’imprenditore etneo, piuttosto che assistere al decollo della struttura ne vedeva un progressivo declino con risultati a dir poco deludenti rispetto a quanto preventivato. Il primo anno, infatti, l’operatore internazionale faceva registrare un fatturato di soli €1,1 mln contro i 6,2 mln preventivati facendo di contro lievitare i costi gestionali con il conseguente fabbisogno finanziario della struttura che iniziava a crescere vertiginosamente, con gravi conseguenze in termini di adempimento degli impegni con personale, erario, fornitori, banche.
Richiamata all'ordine, la multinazionale “promette” un intervento finanziario di 2,5 mln per colmare le falle.
Promessa poi infranta dalla decisione inspiegabile di non voler erogare alcuna somma all'imprenditore etneo oltre alla illecita ritenzione delle somme di sua spettanza che ammontavano già a quasi mezzo milione di euro.
Cammin facendo l’imprenditore nostrano non impiegò molto a capire che tale “mala gestio” fosse stata finalizzata a creare una insostenibile situazione di stress finanziario ( e psicologico) atta ad indurlo a vendere il complesso turistico a prezzi fortemente inferiori a quelli di mercato. Sospetto che divenne una certezza quando un giorno si presentarono “casualmente” degli intermediari nel tentativo giungere ad una transazione. Ma l’imprenditore resistette interrompendo anzitempo il contratto con la controparte in malafede con cui iniziò una causa multimilionaria che si protrae sino ai nostri giorni lasciando nel frattempo un “bagno di sangue” che tradotto vuol dire procedura fallimentare…
Tutto questo per dire come il sottoscritto abbia la sensazione che una cosa similare stia avvenendo dentro le mura di Torre del Grifo. Acquisti errati, preparatore atletico incapace, incredibile numero di infortuni, forzato turnover di giocatori ed allenatori. Crisi tecnica. CAOS e alla fine della prossima primavera: retrocessione o salvezza risicata e…società fortemente svalutata. Quale migliore occasione per comprarla “sottocosto”? Pensate che affare, pochi milioni di euro (invece del centinaio, se fossimo rimasti in A), per impossessarsi di una struttura sportiva all’ avanguardia ed un marchio più o meno “commerciabile". Il tutto architettato con ogni probabilità da chi è già dentro la società da un anno e mezzo. E che Pulvirenti non "riesce" a mandar via nonostante la nave imbarchi sempre più acqua. Chissa perchè...
Non ci posso credere. Svegliatemi da questo incubo.
Abbracci