Intanto si parla da sempre di stadi di proprietà totale delle società, quindi mettere in mezzo in modo più o meno sostanziale altri due enti secondo me è un azzardo.
Penso che uno dei motivi di dissidio fra i due numeri uno della società sia per le diverse opinioni riguardo l'opportunità di seguire questa strada, oltre che sui tempi, come traspare dalle dichiarazioni sull'argomento.
E la diversità di vedute riguarda una visione strategica sul futuro di non poco conto. Come ricordavo nel post precedente bisogna tenere conto in primo luogo dei "numeri" dei bilanci e delle esperienze degli altri.
Prediamo qualche esempio.
In Italia lo stadio di proprietà ce l'ha soltanto la Juventus, mentre la Reggiana lo ha avuto in passato. Tutto il resto degli stadi è delle amministrazioni pubbliche che li concedono alle società.
E qui una prima grande differenza: una cosa è lo stadio di proprietà di una grande società con milioni di tifosi, e situato in una zona "ricca" dell'Italia, altra cosa è lo stadio di proprietà di una piccola società, per di più di una città del sud.
La grande società Juventus ha realizzato una struttura che assicura funzionalità, per il pubblico e per la squadra, sicurezza e reddito dalle molteplici attività che tutta la settimana si svolgono all'interno dello stadio: merchandising, centri commerciali, ristoranti, area vip, ecc. insomma tutti luoghi in cui si possono spendere soldi, tanti altri soldi, oltre il costo del semplice biglietto. Ecco perchè quello stadio ha un senso economico come del resto accade in europa: Barcellona e Real Madrid ricavano dallo stadio il 25% delle proprie entrate ed il Manchester United addirittura il 33%. Ma stiamo parlando di dimensioni di società (500 mln di euro di entrate in media le europee) e di tifoserie ben diverse da quelle di Catania.
La Reggiana inaugurò lo stadio "Giglio" di proprietà nel 1995: 29 mila posti, all'inglese, con i più moderni sistemi di sicurezza per l'epoca (tornelli ecc.), costo 25 miliardi di lire.
Ebbene, la proprietà dello stadio non ha impedito alla società di fallire. Lo stadio, dopo la retrocessione in B, diventò un costo (muto e manutenzione della struttura) troppo oneroso per i bilanci societari, un costo che frenò gli investimenti sportivi per ritornare in A e condannò la società alle serie minori fino al fallimento avvenuto nel 2005. Oggi lo stadio è messo all'asta dal curatore fallimentare e non ha acquirenti.
La scelta più saggia è quindi non fare lo stadio a Catania? Non è detto. Occorre evidentemente che vi siano le condizioni.
La prima, a mio parere, è che vi siano investitori pronti a finanziare l'opera in modo da non farla ricadere quindi solo sulle spalle del Catania Calcio, in modo tale che l'impegno finanziario per la Società Catania sia molto basso e sostenibile nel tempo e in tutti gli scenari di categoria, sempre possibili, nel calcio. Il Catania rinuncerebbe forse ad accrescere gli introiti da stadio (che andrebbero a remunerare gli investitori per lunghi anni, visto che non credo che si otterrebbero grandi introiti dai "servizi VIP", dal merchandising o dall'ennesimo centro commerciale), ma, cosa fondamentale, sarebbe al sicuro finanziariamente ed avrebbe uno stadio funzionale e moderno in cui giocare.
Del resto questi anni di serie A dimostrano che il bilancio del Catania è sano indipendentemente dallo stadio, grazie ad una oculata gestione amministrativa e sportiva che permette di mantenere la categoria, di ottenere apprezzabili risultati (sportivi ed economici), di investire in una struttura, TdG, utile sia alla gestione sportiva della squadra sia all'obbiettivo di realizzare plusvalenze dal lancio e dalla cessione dei giocatori giovani, ed in ultimo (ma non ultimo) di far divertire i tifosi.