Sarebbe facile riprendere l’argomento della “Casta”, quella che pretende di imporre a noi le stesse regole che essa calpesta impunemente ogni giorno, e ricordare che la
colomba Maroni è stato condannato in
via definitiva a 4 mesi e 20 giorni proprio per resistenza a pubblico ufficiale, ma non è questo, a mio modesto avviso, il nocciolo della questione.
Il problema è antico. Il problema è che in maniera bi-partisan non c’è la capacità o, forse, la volontà reale di risolvere in maniera seria la questione violenza negli stadi, ma si continua ad andare avanti, da oltre un ventennio, con certe ipocrite “punizioni esemplari” che spesso (per non dire esclusivamente!) hanno punito gli onesti e fatto il solletico ai disonesti.
Qualcuno, una buona volta per tutte, mi spieghi perché se io entro in una banca di, chessò, Varese, è faccio una rapina vado in galera solo io, al massimo i miei complici qualora ne abbia, mentre se ci entro con indosso una sciarpa rossazzurra ci va di mezzo una città intera?
Qualcuno mi spieghi perché il codice penale applicato nella vita civile, che prevede la responsabilità soggettiva e non oggettiva, l’unicità della pena, non è applicabile al calcio, come se questo vivesse in una sorta di extraterritorialità?
La verità è che lo Stato da tempo ha abdicato alla sua funzione di sovrano sul proprio territorio, e ne è causa una casta politica inetta al limite con la connivenza, che, in complicità aggravata con i Palazzi del calcio e buona parte della stampa, riduce tutto a salotto in cui fare a gara a chi urla e s’indigna di più, a chi spara la stupidaggine più grossa.
Prova ne è stata la recente guerriglia urbana scatenata, in occasione della trasferta a Roma, da qualche centinaio di presunti ultrà napoletani che, padroni incontrastati del territorio, hanno pure deciso, in tutta tranquillità, di appropriarsi di un convoglio ferroviario sfrattando coattamente i passeggeri e sfruttando l’impotenza e l’incapacità della Polizia di Stato a mantenere l’ordine pubblico e la legalità.
Del resto come per la (presunta) lotta alla mafia, fatta di fumo, di vuote deposizioni di corone d’alloro alla memoria di chi, in realtà, dallo Stato è stato abbandonato a se stesso, di discorsi commemorativi stereotipati e ipocriti da parte di chi, poi, i mafiosi li ospita nella propria villa o ci fa affari.
Così puntuale, anche nel calcio, parte il salotto mediatico. Passerella di politici, opinionisti, nani e ballerine che sbuffano, s’indignano, chiedono lo stop delle trasferte per tutti (belli e brutti!), chiusure coatte di stadi, antistadi, curve, tribune…connessi ed affini, avrebbe aggiunto Totò, e poi quello che riescono a partorire sono solo indulti, tagli alle forze dell’ordine, alle Procure, stop alle intercettazioni e il massacro sistematico del codice penale con controriforme della giustizia inutili ai noi cittadini, ma utili solo per rendere la loro vita di impuniti sempre più facile.
Gli stessi che pretendono la galera per i magistrati che sbagliano (solo quando indagano la casta, però!), ma proteggono quegli amministratori, top manager, imprenditori e portaborse che hanno messo e stanno mettendo sul lastrico migliaia di famiglie (vedi l’Alitalia e la Telecom) a causa della loro opera di saccheggio sistematico delle amministrazioni comunali (caso Catania) e delle aziende pubbliche usate come carrozzoni clientelari.
Come la Responsabilità Oggettiva del calcio, per lor signori dovremmo pagare noi tutto questo e se non ci sta bene siamo etichettati come sovversivi, qualunquisti, demagoghi, terroristi, fuori dall’alveo istituzionale.
Questa è l’Italia che evidentemente piace a Maroni che non contento, rilancia, annunciando “le porte chiuse” per tutte quelle partite che saranno ritenute a rischio.
Ma quello che per loro è un reality show, per noi tifosi, e non, è un vero dramma che paghiamo doppiamente sulla nostra pelle. Perché da un lato abbiamo la paura di portarci allo stadio moglie e figli perché c’è il rischio di essere aggrediti, dall’altro c’è quello di vedersi privati del piacere di andare a seguire la propria squadra del cuore, in casa o in trasferta, perché, secondo questo strano concetto di democrazia a doppio binario, dobbiamo pagare tutti le colpe di pochi.
Insomma, “ruppa ruppa, ci va di mezzo cu non ci cuppa” dicevano i nostri nonni. E intanto “the show must go on”, con i delinquenti che sanno che basta una sciarpa di una qualsiasi squadra al collo per potersela cavare con un ridicolo DASPO e il La Russa di turno pronto ad indignarsi, un tanto al chilo, davanti la prima telecamera che gli passa a tiro.
Due straMaroni pieni ne abbiamo!
P.S.: intanto dopo lo Statista che si ispira a Falcone, forse anche quando definiva Mangano un eroe...abbiamo la Ministra Velina che vuole mandare in galera le "passeggiatrici"...quando si dice concorrenza sleale...
...siamo alla frutta!
Buona notte!