Giocare in casa con una folla di 35 mila tifosi che ti “soffiano” dietro è stato da sempre (ed oggi da tutti) considerato un elemento di vantaggio, un dodicesimo uomo in campo, come ci è sempre piaciuto chiamarlo, a tutti gli effetti. Ma quanto visto in queste tre gare, giocate con il massimo del pubblico ricevibile, mi induce a qualche considerazione. Abbiamo affrontato 3 squadre, Triestina, Virtus Entella e Feralpisalò, i cui boriosi e spavaldi allenatori, sostenuti in ciò dalle rispettive tifoserie, tronfi di arroganze e presunzioni, erano convintissimi di sbarazzarsi agevolmente del Palermo con svariati gol, doppiette e triplette. Non è andata come loro prevedevano, semmai si sono ustionati, compromettendo già nella gara di andata il loro passaggio del turno. Le rispettive gare di ritorno si credeva dovessero metter loro paura, per la forza dell’avversario e per il Barbera stracolmo, ma non è stato così. Ho visto semmai l’effetto opposto: avversari che, deboli del risultato d’andata, non avevano quasi nulla da perdere e mettersi in mostra in una prestigiosa vetrina come quella del Barbera è stato per loro uno stimolo a dare il massimo ed esprimersi con una incredibile spigliatezza. Ed i nostri beniamini, abituati oltremodo ai soliti 4 mila fedelissimi a cui, a differenza di tutti gli altri, va loro riconosciuto un attaccamento impareggiabile ed un amore viscerale verso il rosanero, libero, generoso, genuino, incondizionato, i nostri beniamini, dicevamo, hanno avuto l’onere di non tradire le attese ma soprattutto di non deludere le aspettative.
Il compito è stato assolto in parte, nel senso che si è ottenuto ciò che volevamo, cioè: il passaggio al turno successivo. Ma le differenze di prestazioni tra le gare interne e quelle esterne sono apparse subito evidenti. Troppa pressione sui nostri giovani calciatori, troppo stimolante per i nostri avversari che anche uscendo sconfitti avrebbero fatto bella figura. C’è andata bene in tutte e tre gare, si è rischiato solo con l’Entella ma è apparso evidente che l’arbitro è stato tutto a loro favore. L’arbitro è scarso quando sbaglia ai danni dell’una e dell’altra squadra ma se sbagli tutto ai danni di una squadra sola c’è qualcosa che non va. Qualcuno dice che in uno stadio affollatissimo anche lui ha tentato di fare il protagonista. Se ciò fosse vero anche questo elemento depone a sfavore dell’utilità di avere uno stadio stracolmo in queste categorie.
Per fortuna c’è il VAR in queste ultime gare e non so se grazie ad esso ieri abbiamo vinto 1-0 oppure avremmo perso 0-1 se non ci fosse stato. Se non hai il VAR anche con gli arbitri occorre fortuna.
Leggermente preoccupato per l’ultimo confronto contro il Padova, perché sono certo che loro non faranno lo stesso errore delle prime tre incontrate, perché immagino che avranno profondo rispetto della nostra squadra, del suo allenatore, del suo gioco espresso ed anche della città che rappresenta. Giocheranno più attenti secondo me, e non ci lasceranno praterie dove i nostri esterni potranno scorazzare liberamente, come hanno fatto altrove. Ma questo credo che il nostro Mister lo sa benissimo e saprà preparare la partita nel miglior modo possibile.
In ultimo una nota di colore. Ci sono state pochissime emozioni in queste tre gare playoff provenienti dal rettangolo verde. Ma per quel ch’è provenuto dagli spalti, le emozioni sono state sentitissime e penetranti sino alle lacrime. Quel na-na-na-na-na-na-na, na-na-na, na-na-na sulle note di Freed From Desire che trascinava tutto lo stadio, dalla Nord alla Sud, persino le Tribune e le gradinate, sono state coinvolte a saltare tutti abbracciati in una inusitata e sottintesa fratellanza rosanero, un viluppo di passioni estemporanee provenienti dal di dentro, da quel senso di appartenenza a questi magici colori di questa magica città, riscopertisi improvvisamente affiatati verso la propria squadra, prodotto ed espressione d’imprenditoria nostrana, è qualcosa che non si vedeva da diversi anni, probabilmente dal 2004, anno della nostra prima serie A di questo nuovo millennio. Un patrimonio di sostegno e di appartenenza da preservare con ogni cura.