Dal quotidiano “LA STAMPA” di oggi 23.08.2006
NEL BOCCIARE I RICORSI DEI DUE EX DIRIGENTI IL TRIBUNALE RIBADISCE LA PROPRIA GIURISDIZIONE: «LE SANZIONI ASSUMONO RILEVANZA ANCHE FUORI DALL’ORDINAMENTO SPORTIVO»
Il Tar respinge Moggi e Giraudo
ma la Juve spera
«Sospensiva se c’è pericolo di grave danno»
23/8/2006
di Massimiliano Nerozzi
ROMA. Quelli che avevano trascinato la Juve giù dall’Olimpo dei mai retrocessi in serie B, Luciano Moggi e Antonio Giraudo, potrebbero ora averle tracciato il sentiero per un’imprevista risalita: ieri il Tar del Lazio ha infatti respinto la domanda cautelare della coppia di ex dirigenti, ma incollando all’ordinanza due paginette di motivazioni che, ora, i legali bianconeri accudiranno come un piccolo breviario.
Federazione e Coni, è vero, hanno scongiurato il pericolo di vedersi sospendere subito la sentenza della Corte federale - perché questa era l’essenza della richiesta cautelare - ma difficilmente ieri pomeriggio hanno festeggiato. Vinto un duello, chissà la guerra. Il giudizio sul merito resta in bilico e, soprattutto, non occorre essere glossatori di testi legislativi per fiutare possibili guai in vista per la prossima battaglia: quella con la Juve. Le ordinanze, per Moggi e Giraudo sono praticamente sovrapponibili, rispondono no all’istanza cautelare per un motivo: il danno patrimoniale paventato (da entrambi) «non presenta i connotati dell’attualità», e quello morale «potrà trovare piena tutela nella successiva fase del merito ove quest’ultima si concluda in senso favorevole». Mancava il «periculum in mora», insomma: sospendere subito la sentenza di calciopoli, non sarebbe servito.
Particolare che non è sfuggito all’avvocato Cesare Zaccone, uno dei legali della Juve: «Sull’attualità del danno il discorso per un club quotato in Borsa è completamente diverso, basti pensare al prossimo campionato: se parte così com’è, il danno è già irreparabile». In sostanza una società come la Juve, rispetto a due persone fisiche, dovrebbe avere altri strumenti per dimostrare il rischio di un danno grave e attuale. La linea della Federazione non cambia: «Saremo intransigenti sui punti comminati dalle precendenti sentenze della giustizia sportiva», si limita a dire l’avvocato Luigi Medugno, legale della Figc, che si è lasciato scappare qualche urlo durante l’udienza su Giraudo.
Per capire che la storia di una mattinata (un’ora e mezza di udienza per Giraudo, mezza per Moggi) non si può ridurre al semplice diniego della sospensiva basta ascoltare tono e parole di chi avrebbe perso: «Ci hanno dato ragione su alcuni punti cui tenevamo - ha detto l’avvocato Luigi Chiappero, uno dei difensori dell’ex ad bianconero - e che potranno essere utilizzati anche da altri soggetti». Abbastanza soddisfatti i difensori di Moggi: Gianaria, Trofino e Tedeschini, che già pensano al consiglio di Stato. Ma la terza sezione ter del Tar del Lazio, presieduta dal giudice Corsaro, ha piantato pure un altro paletto: il giudice amministrativo è competente. È vero che la legge 280 del 2003 aveva attribuito l’esclusività alla giustizia sportiva nell’ambito delle sanzioni disciplinari, però: la sanzione in discussione «per la sua natura, assume rilevanza anche al di fuori dell’ordinamento sportivo.
Ove solo si consideri, che il signor Moggi potrebbe essere chiamato a rispondere, a titolo risarcitorio, sia dai soci della Juve che dai singoli azionisti».
Un’affermazione già stampata in apertura: il regno assoluto della giustizia sportiva «non appare operante nel caso in cui la sanzione non esaurisce la sua incidenza nell’ambito strettamente sportivo, ma rifluisce nell’ordinamento dello Stato». Se è così per i 5 anni di inibizione e i 50.000 euro di ammenda rifilati a Moggi, pare difficile fare retromarcia sui milioni di euro che si trascina dietro la Juve. Per definire i confini della giustizia sportiva, tanto per essere chiaro, il Tar cita la Carta: «Una diversa interpretazione condurrebbe a dubitare della sua conformità a principi costituzionali, perché sottrarrebbe le sanzioni sportive alla tutela giurisdizionale del giudice statale». Altro sospiro per Zaccone: «Sulla giurisdizione eravamo abbastanza sereni, ma se la pensano così anche i giudici è meglio».
Nemmeno esaminata l’eccezione di improcedibilità avanzata dalla Figc, per il mancato passaggio dalla Camera di conciliazione e arbitrato, prima di andare al Tar. Per un no, ieri, bastava che il grave pericolo per Moggi e Giraudo non fosse dietro l’angolo. Il campionato lo è.
CONSIDERAZIONI:
sono ormai lontani i tempi in cui il Milan e la Lazio vennero retrocesse per il caso delle scommesse clandestine…
secondo quanto emerge dall’articolo che ho testualmente trascritto ciò non potrebbe più accadere.
Piuttosto direi, che se una società calcistica vuole avere “salva la categoria” basta semplicemente quotarsi in borsa... perché saranno gli azionisti ad essere tutelati in primis ed a salvare la squadra del cuore.
Cosicché esisteranno sempre due campionati in uno nella nostra serie A:
il primo tra le cui fila militeranno le grandi società, dall’indiscusso blasone e dall’enorme patrimonio societario, quotate in borsa, che mai retrocederanno;
Il secondo che vedrà protagoniste di un’estenuante lotta “fratricida” le medie e piccole società che dovranno fare attenzione a non farsi mai beccare nemmeno a prendere un caffè con questo o quell’altro dirigente, esponente della federazione, del mondo arbitrale o chiunque altro di una certa importanza nel mondo del pallone, per non incorre nei fulmini e nelle saette della “giustizia !?!” o del “rigore !?!” sportivo, in nome del rispetto delle regole (già...ma per chi !?!)…basti pensare agli episodi del 1993 (con Matarrese presidente) ed alle “inspiegabili sopravvivenze” di clubs come Parma e Lazio divorate da crack, deficit e debiti societari.
C’era una volta il pallone siori e siore…