Si fa presto a dire amore. Quella roba che scoppia all'improvviso. E che un giorno finisce così com'era cominciato. Città siciliane innamorate delle loro squadre di calcio. Ieri. città in cui è già montata la rassegnazione, la diffidenza, l'indifferenza. Innamorati noi? Forse una passioncella. Famiglie intere allo stadio. Gente che confonde il mediano di spinta e la spinta del mediano che si sbraccia, urla, s'accalora, con la sciarpa al collo. Non per fede, ma per moda. Sino a ieri c'era. Oggi sembra esser tutto svanito. Da una parte contestazione dopo i sogni di gloria, da un'altra parte dopo l'illusione l'abbandono, a Catania, che è il caso anomalo col marchio 2 febbraio, la città che aveva scoperto il calcio è passata con estrema disinvoltura dal rossazzurro al nero dell'inchiesta-Raciti, per trasferirsi oggi al giallo-Falcidia. Qualcosa di più eccitante, insomma.
Città e calcio, feeling finito. Emozioni di circostanza e passioni contingenti si esauriscono al primo gol subìto, al primo obiettivo mancato. Basta, in questa città che adottò sino a ieri il miracolo del presidente Pulvirenti, andare in giro per sentirsi dire: «Ah bellu Catania hai».
Come dire, pensavo fosse amore, invece... Amore un corno.