Bellissima lettere e testimonianza d'amore verso il Catania e i suoi tifosi, quelli veri:
AL PRESIDENTE DEL CALCIO CATANIA
EGREGIO SIG. ANTONINO PULVIRENTIALL’AMMINISTRAZIONE DELEGATODEL CALCIO CATANIAEGREGIO DOTTOR PIETRO LO MONACOA TUTTI I TIFOSI ROSSAZZURRIA TUTTI COLORO CHE AMANO CATANIA
NON STRAPPERO’ L’ABBONAMENTO !!!!
Caro Presidente,
mi consenta di rivolgermi a Lei con familiarità, anche se non ho il piacere di conoscerLa di persona, in quanto come ho avuto modo di dire al Dottor Lo Monaco in occasione della sua premiazione da parte del Club Catania Nuova Rossazzurra, Voi mi avete restituito le domeniche, che avevo perso tanti anni fa in occasione di un gol ingiustamente annullato a Cantarutti nella partita Catania – Milan.
Faccio parte di quello che una volta si definiva “gente comune” e adesso, con termine più televisivamente corretto, “ordinary people”.
Di conseguenza non mi drogo, non uccido i vicini di casa, ho una famiglia tradizionale, e gli stessi problemi di milioni di altri Italiani.
Ma grazie a Voi avevo ritrovato il piacere di incontrarmi con gli amici per andare allo stadio, di dividere i giorni della settimana in " prima della partita " in cui si parla della partita che sarà e " dopo della partita " in cui si parla della partita che è stata.
Con quanto piacere vedevo la squadra del mio cuore essere condotta in alto da una società efficiente, aperta alla modernità, con tante iniziative quali i Catania Point, il sito su Internet, l’idea di aprire un centro sportivo dedicato, tutte cose sideralmente lontane da quanto avveniva in precedenza in cui, pur con tutta la riconoscenza e l’affetto che deve essere sempre tributata ad Angelo Massimino, la società aveva sempre una struttura veramente provinciale e talune volte, ammettiamolo, macchiettistica.
Con quanto orgoglio la domenica sera guardavo la classifica della serie A e vedendo l’insperata posizione del Catania abbandonavo i problemi di tutti i giorni e volavo in alto assieme ai miei sogni.
Per Catania-Palermo ero allo stadio, al mio solito posto da abbonato della tribuna B, che occupo con gli amici, da quando è iniziata la Sua Presidenza.
Come tutti gli altri spettatori del mio settore, pur subendo gli effetti dei fumogeni e dei lacrimogeni, non mi ero reso conto di quanto avveniva fuori dello stadio. Solo al termine della partita ho appreso quanto era successo.
Sono stato veramente male. Il sangue innocente versato con la sostanziale resa della società calcistica, evidenziata dal proposito di lasciare espresso da Lei e dall’Amministratore Delegato, di solito così forte e determinato, e ancor di più la resa di tutta una città, ancora una volta mortificata e quasi incapace di reagire alla violenza delle solite frange di delinquenti, mi ha ammutolito per due giorni, sprofondandomi in tristi pensieri.
Ascoltando i vari Soloni delle trasmissioni televisive nazionali, cui il Catania in così alta posizione di classifica ha sempre dato fastidio e vedendoli impegnati a chiedere punizioni esemplari e definitive nei confronti della squadra, anziché dedicarsi, come loro costume, alle solite litigate in diretta e gossip sugli argomenti più futili, ho creduto una giusta punizione il dover rinunciare allo svago domenicale della partita.
Ma dopo aver sentito le ferme parole e potuto apprezzare il coraggio e la nobiltà d’animo della vedova dell’ispettore Raciti, ho detto basta. Non strapperò l’abbonamento.
Allo stadio eravamo in 20.000 e come sempre ci dedicavamo al rito liberatorio dei cori folkloristici nei confronti dell’arbitro e della squadra avversaria, mentre fuori 2-300 delinquenti, che non erano nemmeno entrati a vedere la partita, trasformavano Piazza Spedini in un quartiere di Bagdad o di Beirut. Questi delinquenti che non meritano sicuramente l’appellativo di tifosi, in quanto in realtà odiano quella che dovrebbe essere la squadra del cuore, oltre che del sangue versato e degli ingenti danni procurati, sono anche colpevoli di aver rubato un sogno ad una intera città.
Oggi siamo stati brutalmente ricondotti alla nostra realtà di ogni giorno, ad una città provinciale che vive da sempre al rango di una colonia, che in 150 anni di unità di Italia non si è saputa dotare nemmeno di una ferrovia decente che la congiunga con il capoluogo regionale, e i cui figli migliori non trovano soluzione di vita al di là dell’emigrazione.
A tutto questo Le autorità rispondono alla solita maniera, non reprimendo efficacemente la violenza, applicando le norme che già esistono, ma con l’unica soluzione delle partite a porte chiuse che non hanno eguali in nessuna parte del mondo.
Caro Presidente, la delinquenza non viene sicuramente sconfitta da un tornello o da una telecamera, ma dalla certezza di una pena giusta, adeguata e rapida, applicata nei confronti di chi sbaglia.
Arrivare a dichiarazioni come quelle relative ai fatti avvenuti ieri all’Olimpico, che minimizzando, definiscono imbecilli gli autori dei fischi contro il minuto di silenzio, significa che tra breve tutto sarà dimenticato e si ricomincerà come prima.
Caro Presidente, gli autori dei fischi si sarebbero potuti considerare imbecilli, inumani e disgustosi, solo se il minuto di raccoglimento fosse stato dedicato ad un grande campione del passato della squadra avversa. Essendo il minuto di raccoglimento dedicato ad un servitore dello stadio, caduto nell’adempimento del suo servizio, il fischio e le altre espressioni dispregiative, hanno solo il significato di una sfida aperta allo Stato e a tutta la Nazione civile. La delinquenza si combatte solo con una puntuale presenza dello Stato e l’applicazione delle norme.
In molti potranno ritenere ormai obsoleta l’idea di andare allo stadio, a volte sotto il sole abbacinante, cercando di interpretare con i vicini di posto quell’azione che avresti visto molto meglio e più comodamente in televisione. A volte accucciandoti a quegli stessi vicini per vincere il freddo della sera. A volte interrogando il cielo, per esorcizzare il rischio della pioggia. Ma la televisione non potrà mai sostituire la bellezza di gioire, soffrire, esaltarsi, imprecare, disperarsi, sfottere gli avversari, sentirsi vivo, che solo lo stadio può dare.
Presidente, come Le dicevo non strapperò l’abbonamento e la mascotte del Calcio Catania, graditissimo regalo da parte di mia figlia per Natale, continuerà a far parte dell’arredamento del mio ufficio, e sono sicuro che tutti gli altri tifosi faranno lo stesso.
Ma per fare questo abbiamo bisogno che tanto Lei che l’Amministratore Delegato, con la solita grinta e sagacia, restiate al Vostro posto e continuate a battervi per la nostra squadra.
Un Vostro abbandono, quello sì, significherebbe veramente l’addio al sogno di non essere più cittadini di serie B.
Come Lei certo sa, in economia ed in genere tutte le attività umane vanno bene solo se accompagnate da uno stato d’animo positivo.
Qualcuno potrebbe obiettare che, in fondo, stiamo parlando solo di calcio, ma a prescindere dagli enormi interessi economici che sono legati al fenomeno calcio, basta pensare che nel 1948 la notizia della vittoria di Bartali al Tour de France scongiurò lo scatenarsi di una guerra civile a seguito dell’attentato a Togliatti.
Presidente, Amministratore Delegato, non è possibile che i 20.000 tifosi della squadra del loro cuore si arrendano davanti a poche centinaia di violenti.
Non è possibile che un’intera città, e direi di più un’intera Nazione, si dichiarino sconfitti davanti a così pochi e scadenti avversari.
Non è possibile che i nostri sogni vengano rubati impunemente.
Stringiamoci assieme per una rinascita che, attraverso la squadra, sia la rinascita di un’intera città.
Chiedo che questa lettera, con l’invito a ritirare le dimissioni Sue e dell’Amministratore Delegato, sia sottoscritta non solo dai tifosi della squadra ma da tutti i catanesi che amano la loro città.
Saremo al Vostro fianco. Siamo in tanti.
Riccardo Sciuto