LE OPINIONI DEI NOSTRI POLITICI
Netto il commento di Matteo Salvini, che annuncia l’intenzione di non voler guardare la partita e si chiede dove siano finite le femministe. Sullo stesso tono anche gli altri politici di destra, tra cui Giorgia Meloni che chiede: «Abbiamo venduto secoli di civiltà europea e di battaglie per i diritti delle donne ai soldi dei sauditi?». Non tengono conto, Salvini e Meloni, che i sauditi fanno esattamente quello che loro rivendicano di continuo: sostenere la propria cultura religiosa, le proprie radici. Per fortuna loro e nostra, il mondo occidentale di oggi è così come lo vediamo proprio grazie a chi ha lottato per ridimensionare le pretese del potere religioso. Quindi non grazie alla religione, ma nonostante la religione e la cultura tradizionalista. Se questa vicenda potrà finalmente far loro capire che i valori religiosi non sono spesso compatibili con quelli secolari, sarà tutto di guadagnato.
Da parte sinistra, Laura Boldrini è tra i primi a rispondere mettendo in guardia dal «barattare i diritti delle donne», seguita dall’ex ministro dello Sport Luca Lotti che ha invece dichiarato: «Chi ama il calcio rifiuta tutte le barriere culturali». Eppure Boldrini e altre donne di sinistra non si sono create problemi a indossare il velo, che ricordiamo è un simbolo di sottomissione, nelle loro visite alla moschea di Roma e in Iran. In quel caso non si trattava di barattare i diritti e la dignità delle donne? Si dirà che era solo una questione di rispetto, in particolare nel caso della visita di Boldrini che era a un luogo di culto, ma se il rispetto viene sempre tributato e mai richiesto, allora oggettivamente c’è un problema. Michelle Obama è riuscita ad andare nell’unico altro Paese che richiede il velo obbligatorio, guarda caso l’Arabia Saudita, senza indossarlo.
Di “ipocrisia dilagante” e di “polemica ridicola” parla invece il sottosegretario agli Esteri in quota cinquestelle Manlio Di Stefano in un post pubblicato sul blog del movimento. Di Stefano punta il dito contro chi, secondo il suo punto di vista, si starebbe accorgendo solo adesso della compressione delle libertà nei Paesi dove vige la sharia, nonché in tutte le società non laiche. Su questo punto non si può non essere d’accordo, sul fatto che ciò renda ridicola la polemica molto meno. È vero, come dice Di Stefano, che la Lega Serie A è un’associazione privata senza alcun mandato politico, ma questo non vuol dire che non si possano discutere le sue scelte, a maggior ragione quando queste scelte hanno inevitabilmente riflessi sull’opinione pubblica e sulle tifose italiane che vorrebbero andare a vedere la partita. A meno che non si voglia affermare il principio che le tifose valgono meno dei tifosi e che la Lega Serie A può infischiarsene di esse, subordinando le loro concrete possibilità di sostenere la propria squadra a un contratto di 21 milioni per complessive tre edizioni della manifestazione (ne seguiranno quindi altre due).
Non bisogna dimenticare che la partita dovrebbe anche essere trasmessa dalla Rai, che non è un’associazione privata come la Lega Serie A ma una concessionaria pubblica sottoposta alla vigilanza di un’apposita commissione bicamerale. Commissione il cui presidente, Alberto Barachini, ha invitato l’azienda a porre attenzione sui contenuti trasmessi, che dovrebbero sempre riflettere i principi costituzionali e i diritti umani. Sarebbe anche ora. Magari a partire proprio da un ridimensionamento del dilagante clericalismo, come fatto notare più volte dall’Uaar, anche alla stessa Vigilanza quando il presidente era Roberto Fico.
Massimo Maiurana