la coppa mancata...occasione sprecata per tentare un cambio epocale

[cantarutti72]

potevano esserci i presupposti per un esito diverso di questa finale di Coppa Italia, un risultato che con un pizzico di fortuna in più in avanti e di ingenuità in meno nelle retrovie avrebbe portato per la prima volta in Sicilia un titolo nazionale per lo sport più amato e popolare.
Non solo un trofeo da esporre con orgoglio nella bacheca rosanero, ma un risultato che probabilmente avrebbe "folgorato" tantissima gente isolana, sulla via di Damasco.
Quella gente nata e cresciuta in un contesto che ha sempre visto con ammirazione tutto ciò che è targato "Nord", a scapito delle cose e degli uomini nostrani, sempre e costantemente disprezzati come effimeri, inconcludenti e incompetenti. E tale profonda ammirazione per ciò che è "aria del continente" si è da sempre tradotta inconsciamente, a livello di passione calcistica, in una adulazione verso Juventus, Milan e Inter, tre società che, manco a dirlo, rappresentano i più importanti gruppi imprenditoriali a livello nazionale, simbolo di industrializzazione, progresso, benessere. Tifare Juve,Milan e Inter è sempre stato dunque per i nostri conterranei la trasposizione pallonara di un sogno di emancipazione, di una fuga dalle mediocrità quotidiane o dalla desolazione circostante. Molto spesso un comodo cuscino (quello dei vincitori) a cui appoggiarsi comodamente nell'illusione di sentirsi "grandi" come loro, in quanto sostenitori dei loro colori. Tralasciando (e spesso boicottando moralmente) del tutto la possibilità che un giorno qualcuno o qualcosa in questa meravigliosa terra possa cambiare. Cosa avvenuta, almeno in senso sportivo, grazie alla tenacia di due imprenditori che hanno avuto l'intelligenza di intuire le enormi potenzialità di due bacini d'utenza come quello rossazzurro e rosanero. Portandoci nel giro di pochissimi anni dal grande calcio visto in TV a quello vissuto in prima linea, lì nell'olimpo del calcio nazionale. Per la gioia degli etnei e dei palermitani.
Due squadre siciliane così stabilmente presenti in serie A non si erano mai viste, neanche nei tanto rimpianti anni del boom economico degli anni '50 e '60.  Ma ciò non basta a quanto pare. Lo dimostrano quelle centinaia di sostenitori che puntualmente si spostano dall'agrigentino, dal nisseno, dal ragusano o dall'ennese per andare a tifare bianconero, nerazzurro o rossonero ogniqualvolta le "loro" squadre vengono al Massimino o al Barbera.
Per carità, siamo in democrazia, ognuno è libero di tifare chi vuole. Ma è più forte di me, perdonatemi, di tale gente non posso parlarne bene. Qualcuno mi corregga, ma probabilmente siamo l'unica terra al mondo dove si tifa per una squadra distante 1.500 km a scapito di società appartenenti alla propria terra, alla propria isola. Nei miei battibecchi con taluni conoscenti e colleghi provenienti da altre province, dico (e ammetto di esagerare, forse) che i tifosi siculo-juventini, interisti e milanisti (di tutte le fasce sociali, dal bracciante agricolo al dirigente di banca) siano, dopo la mafia, la seconda vergogna di Sicilia. Simbolo di servilismo, che fa rima con immobilismo. Simbolo di totale mancanza di autostima, simbolo di individualismo, di corruttibilità (per un piatto di lenticchie). Una delle principali risposte al perchè questa meravigliosa terra sia vent'anni indietro rispetto al resto d'Europa. Ma sono mie considerazioni del tutto personali.
Se avessero alzato quella coppa Migliaccio & co, una parte, non dico tutti, ma una parte di questi pecoroni che associano il "Nord", al concetto di bene e di benessere (dimenticando come, in nome del lavoro, quanta "mondezza" , inquinamento e desolazione abbiano lasciato i gruppi imprenditoriali piemontesi e lombardi nella nostra stupenda isola), si sarebbero risvegliati dal torpore che li contraddistingueva per dire: "SUGNU SICILIANU!! E TIFU CATANIA O PALIEMMU !!!!" . Magari sarebbe stata l'occasione per un'iniziativa societaria di Palermo e Catania per "convertire" tanti pseudo -siculi alla passione per le squadre nostrane, magari offrendo loro forti sconti sull'abbonamento allo stadio (a patto di consegnare la tessera d'iscrizione ai club di tifo "continentale"). Cosa che avrebbe contagiato altra gente e poi ancora altra. Col risultato di poter vedere un giorno nella gabbia degli ospiti solo i "drughi" juventini provenienti da Novara o le brigate rossonere direttamente da Milano, in luogo di una indistinta accozzaglia di conterranei che esultano come matti ad un gol di Quagliarella o di Eto'o.
Per ora è solo un sogno, ma credo fermamente che un giorno potrà essere una incredibile e splendida realtà. DIFENDIAMO I NOSTRI COLORI, DIFENDIAMO LA NOSTRA TERRA, DIFENDIAMO LE NOSTRE RISORSE !!!!!!

[Sergio]

Bisognerebbe intanto cominciare a coniare un nuovo termine per distinguere le due categorie. Non si possono accomunare sotto un unico termine, tifoso, appunto, due categorie di persone mosse da attrazioni e sentimenti diversi, sebbene l’etimologia del termine tifoso derivi dal greco thifos e significa delirare, quindi qualcosa che va al di là della ragione e sfugge da ogni senso critico condivisibile.
Diciamo allora che sebbene razionalizzare ciò che in effetti viene catechizzato come delirio sia un po’ un controsenso, la simpatia e l’attrazione per una squadra non figlia della propria terra non può avere la stessa intensità e lo stesso coinvolgimento emotivo di chi ha ed ha sempre avuto, occhi solo per la squadra che gli rappresenta la propria città. Faremmo meglio a dire che sono due deliri diversi.
Io non sono andato a Roma per impegni di lavoro. Ma per quello che leggo in giro, per ciò che mi racconta mio figlio che c’è andato, per ciò che ci aveva anticipato Templare nel suo post “sensazioni”, chi c’è stato si è immerso in un bagno enorme e intenso di palermitanità, intesa come colori, folklore, sapori, tradizioni tutte nostre, mentalità, modi di fare e di dire che ci rendono unici e ben distinguibili dagli altri, sono tutte sfaccettature del tifo che tifosi sostenitori di squadre lontane mille e mille chilometri, prive di quell’omogeneità etnica che non li lega e non li accomuna dal punto di vista campanilistico, non conoscono, non li posseggono e non possono provare le emozioni che queste producono.

[vasco]

Ciao a tutti.
Credo anch'io che il tifo abbia degli aspetti emozionali che solo chi vive una realtà cittadina può pienamente godere.
Ritengo però che la finale domenica sia stata una grande vetrina per Palermo e per la Sicilia tutta, di cui i tifosi palermitani che hanno "invaso" Roma sono stati i pacifici, colorati e sportivissimi, protagonisti assoluti.
Perchè non sia un'occasione sprecata occorre però che ci sia continuità nei prossimi anni, e le prossime finali (o altri traguardi) non arrivino fra un ventennio.
Al momento ci sono tutti i presupposti perchè le squadre siciliane (il Palermo, più avanti, e il Catania, che ci sta provando) possano mirare a questa continuità che produrrà lentamente un cambio di mentalità veramente "epocale", non effimero ma definitivo.

[Sergio]

continuità che produrrà lentamente un cambio di mentalità veramente "epocale", non effimero ma definitivo.

Piuttosto che un cambio di mentalità, occorre un cambio generazionale. Difficile cambiare mentalità in corso d'opera. Sono stati in parecchi a Palermo, nell'estate del 2004, a vergognarsi del proprio status di "rinnegato". Probabilmente, l'aria dell'evento, davvero eccezionale in quei giorni, aveva dato un impulso notevole al cambiamento. Ma col passare del tempo, parecchi di quei parecchi di prima, sono tornati alle loro origini: strisciati!