Casorezzo (MI), 9 Dicembre 2008
Cari forensi,
a Milano c'ero anch'io: secondo anello arancione, in mezzo ai nemici, anche se mi aspettavo di vedere la partita con alcuni compagni di tifo, in primis Aldo da Reggio Emilia, che ho appena intravisto, seppure fossimo nella stessa fila, a causa della fitta ressa. A questo proposito, vorrei testimoniare che i tifosi del Milan, come dell'Inter, ormai sono internazionali. A una ragazza, seduta a un estremo, ho chiesto se si trattasse della fila n° 7 e questa ha sbarrato gli occhi come se avessi detto qualcosa di sconcio: in realtà non ha semplicemente capito che cosa dicessi, come ho constatato dall'intervento della sua vicina che mi ha risposto in un italiano stentato con una forte inflessione slava. Occupato il mio posto, per tutto l'incontro ho avuto nell'orecchio la conversazione in un tedesco marcatamente dialettale di buona parte della fila dietro: probabilmente si trattava di svizzeri, a giudicare da come pronunciavano il dittongo ei(i anziché ai). Insomma, il calcio è diventato qualcosa che ha perduto i suoi connotati territoriali. Siamo rimasti noi e pochi altri a concepire la passione sportiva come un legame affettivo con la propria città: essere tifosi di una delle squadre della Triade ormai è come mangiare al MacDonald's o vedere un film del Block Busters, cioè qualcosa che ricorda la plastica. Mi sarebbe piaciuto girarmi e gridare: Wir haben ein Tor gemacht o Wir sind Ze Catania neunzehnhundertsechsundvierzig oppure, sogno proibito, Wir haben gewonnen, ma purtroppo gli eventi hanno deciso in una maniera molto più prosaica. Tuttavia non cambierei la mia bandiera con quella del Milan, perdessimo cento volte a San Siro. A presto,
Marco Tullio Messina