La Politoskaia diceva che un giornalista non deve avere la tessera di un partito altrimenti diventa un portavoce. Giuseppe Fava sosteneva che il giornalista ha la responsabilità di denunciare ogni forma di criminalità, altrimenti si fa carico anche di vite umane.
Si tratta di due citazioni irriverenti se accostante a quello che di fatto siamo noi bloggisti e gestori di siti amatoriali, cioè giornalisti senza tesserino. Ciò non di meno, la penna è sempre e comunque un'arma potente, che mette chi scrive in una posizione di netto vantaggio rispetto a chi è oggetto di una disquisizione, per questo penso che bisogna sempre essere consapevoli di questa responsabilità: una frase scritta in un blog può diventare notizia autoreferenziata e se si tratta per esempio di una critica diretta a una persona, per esempio, su quella persona può calare un ombra. Dunque anche quando si ha a che fare con dei personaggi non proprio senza macchia, bisogna saper usare quell'arma con la dovuta correttezza, distinguendo chiaramente i fatti dalle opinioni, senza distorsioni. Esistono degli strumenti nati mantenere sempre viva in chi scrive la consapevolezza di questa responsabilità, fra questi il cosiddetto "codice etico". Lo stesso vale per chi racconta le vicende dello sport.
Già da un po' la Pallavolo Catania ne ha proposto uno, adattandolo al contesto sportivo: una sorta di patto fra dirigenti, giocatori, collaboratori e tifosi della squadra, al fine di garantire il rispetto delle regole del vivere civile in ogni singolo aspetto dell'attività della società. Un codice che si si ispira a principi di lealtà, correttezza, trasparenza, sportività, imparzialità, educazione, moralità, impegno, onestà, solidarietà.
Poichè nella precedente versione del mio sito avevo schematizzato la "mission" facendo riferimento al decalogo del Fair Play, ho pensato di aderire, adattando la proposta della Pallavolo CT al mio caso. Anche se giustamente lo stesso Fabio Pagliara (AD della Pallavolo CT) ha sottolineato che il rispetto di certe regole non può essere imposto dall'alto, ritengo che possa essere un modo per informare i nostri (pochi) lettori che non ci uniformiamo al coro del giornalismo superficiale se non fazioso che tutti critichiamo.
L'interpretazione che dò del codice etico si concretizza nel seguire le vicende del Calcio Catania considerando gli arbitri come variabili del gioco, senza mai soffermarsi troppo sui loro errori, considerando questi ultimi alla stregua di un episodio più o meno fortunato che può avvenire durante una partita, come un pallone che finisce sul palo o un rimpallo fortunoso. Nel bandire qualunque attacco personale a questo o quel personaggio e improntando ogni intervento al rispetto per l'avversario, a prescindere da qualunque rivalità che sarà sempre interpretata in senso goliardico e spiritoso. Infine nell'accettare il verdetto del campo, per quanto amaro possa essere o ingiusto possa apparire, nella consapevolezza che lo sport da sempre occasioni di rivincita, senza dare spazio alcuno a iniziative volte a ottenere risultati fuori dal campo perché una vittoria ottenuta fuori dalle regole del gioco non ha alcun valore. Tutte cose che per la verità mi vengono già adesso abbastanza naturali.
Ho chiesto l'adesione di tutti i componenti della minuscola redazione del mio sito, Gaspare ha sollevato qualche perplessità. Vorrei sapere cosa ne pensano i vari forumisti, soprattutto quelli che hanno contribuito e (spero) contribuiranno alla spravvivenza del mio sito con i loro articoli (e.g. lo stesso Gaspare e Marco69), ma anche tutti gli altri.
Si può raccontare il Ccalcio professionistico come se fosse davvero ancora sport, anche se ormai è soffocato da tempo da scandali e interessi economici che hanno relegato lo spettacolo in secondo piano? E' questo un approcio che può essere utile a divulgare una mentalità autenticamente sportiva?
Io penso di si.
Scusate per la lunghezza del post. A voi la parola.