Templare, sarà forse una mia impressione ma leggendo tra le righe dei tuoi post noto che in questi giorni stai vivendo lo stesso scoglionamento che attanaglia me oltre che i ¾ della tifoseria rosanero. A tifosi passionali come noi basta poco per togliere il sorriso.
Ci conosciamo sul web da quando il Palermo era ancora in C e dal vivo da quella sera, se non vado errato, che ci trovammo nella sede dei Warriors in via Resuttana, tutti a chiederci che cosa ne sarebbe stato di li a poco del Palermo e dei colori rosanero. Del resto, la nostra passione per la nostra squadra credo sia fuori discussione, come lo è sempre stata e lo sarà sempre in eterno.
Magari all’epoca avremmo fatto carte false per avere il Palermo di oggi e nelle posizioni attuali. Strano però che i conti non tornano. Malgrado una realtà assolutamente impensabile fino a qualche anno fa, sembra che ci sia qualcosa che abbia rotto l’incantesimo, che abbia ucciso l’entusiasmo che fino a qualche anno fa si toccava con mano, si respirava nell’aria in ogni angolo della città e si tagliava con il coltello. Ogni cosa che avesse il sapore della palermitanità espressa, ci riconduceva alla nostra squadra, a quelli che erano i nostri futuri traguardi, le nostre ambizioni e le nostre aspirazioni.
Oggi, questa squadra (riferendomi esclusivamente agli uomini che la compongono) è riuscita a togliermi l’entusiasmo, la voglia di seguirli, di dedicargli il mio tempo, cosa che io ho sempre fatto a costo di trascurare ogni domenica la mia famiglia e i miei affetti per essa. Non vivo più da tempo di quelle vigilie fatte di attesa, di apprensione, di ansia, di tristezza, di mutismo, perennemente chiusi in se stessi ma con quel chiodo fisso in testa, sognando magari ad occhi aperti ciò che sulla carta, sui progetti, sulle reali nostre possibilità dovrebbe essere assolutamente ordinario. Da un anno oramai mi (e ci) hanno tolto il sorriso, collezionando a ripetizione una dopo l’altra prestazioni ai limiti dell’insulto e dell’offesa collettiva perpetrata verso un intera tifoseria che inspiegabilmente sembra accettare tutto con lo stesso estremo fatalismo con cui vive le sue difficoltà quotidiane di grande città dell’estremo sud, quasi che questo facesse ormai parte delle nostre radici e del nostro DNA. Me ne tornerei volentieri in B ma con una squadra fatta principalmente di uomini che abbiano almeno un briciolo di rispetto per tutte quelle persone che credono in loro e su di loro riversano le proprie speranze, le proprie passioni e la propria voglia di riscatto.
Di partite giocate con estrema sufficienza e tanta approssimazione, dopo un anno, m’è venuta la nausea. E ciò che più adesso mi infastidisce è che nessuno in questa società tenta qualcosa, qualsiasi cosa che possa almeno tentare di invertire una tendenza che fila via diritta al precipizio.
Spero che il mio sia solo un incubo. Un incubo che comunque ormai dura da più di un anno.