Autore Topic: Una serie A con 20 squadre siciliane  (Letto 2213 volte)

Offline francesco paolo catania

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Una serie A con 20 squadre siciliane
« il: 16 Febbraio 2007, 03:07:16 pm »

Che brutto risveglio. Stavamo ancora sperando che fosse solo un incubo ed invece è tutto vero. Se un attimo ci fermiamo e ripensiamo allo strappo che c'è stato non riusciamo a crederci. Da quel maledetto giorno del derby in mondovisione niente è più lo stesso. Per alcuni. Per altri invece il colpo di mano era atteso. Sin dal giorno di quel famoso articolo apparso sul Financial Times: “Quando la Sicilia può competere, allora sai che il sistema italiano è andato in pezzi”. Su ilconsiglio.blogspot.com è stato scritto che quello non era altro che un avvertimento, un segnale cifrato in puro stile mafioso che suggeriva dove colpire. E diligentemente i nostri dolci connazionali di stanza a Roma, ma con le radici ben salde tra le luride lande padane, hanno eseguito. Senza dimenticarci degli ascari locali, per carità!

Ma lasciamo perdere. Tutte queste teorie del complotto. Ci hanno già dimostrato che i complotti esistono in tutto il mondo tranne che in Italia. Prendi Ustica ad esempio: ma quali aerei da caccia, ma quale battaglia nei cieli. Niente di tutto questo. E di conseguenza, niente risarcimento alle vittime. Per quattro terroni. Ma figurati. Solo che poi, stranamente, Alitalia continua ad essere considerata una delle compagnie aeree più sicure al mondo. Come se quel disastro non fosse avvenuto, o meglio non fosse da addebitarsi alla compagnia. Quando si dice i misteri italiani.

Ma, dicevamo, lasciamo perdere. Lasciamo perdere tutto questo rumore per un attimo e facciamo mente locale. Chiediamoci che cosa sia lo sport ed a cosa serva, che forse si è persa per strada la sostanza. Come praticamente ogni cosa umana, per essere bilanciato esso dovrebbe avere una funzione sociale ed una economica.

Riguardo alla funzione sociale tutti (credo) abbiamo un'idea di cosa si stia parlando. Gli adolescenti, tramite l'allegoria dello sport e delle sue regole imparano a vivere in una società, acquisiscono uno “scopo” di vita, si abituano a lottare (onestamente si spera) per raggiungere un determinato obiettivo. Tale funzione sociale cessa per il singolo atleta non appena questi diviene un professionista maturo. A quel punto lo sport disveste i panni di obbiettivo allegorico e si trasforma in obbiettivo reale. L'atleta stesso diventa un importante punto di riferimento per l'adolescente che a sua volta inizia ora lo stesso percorso allegorico.

La funzione economica sembra essere più confusa, e tale confusione regna sovrana nel calcio, dove la realtà è stata travisata grazie alla trasformazione delle società sportive in vere e proprie aziende, per alcune con tanto di quotazione in borsa. Non che qui si voglia criticare questa trasformazione che anzi rende più flessibile e (si sperava...) trasparente l'operato della società, solo che essa rende anche poco comprensibile l'obiettivo economico. Che non è quello di generare profitto direttamente: lo sport professionistico è soprattutto immagine, ed il ritorno d'immagine genera profitto in tutte quelle attività che in qualche modo sono connesse all'atleta o alla squadra. Non nella squadra stessa.

Si pensi al turismo, alle attività economiche dei soci, a quelle degli sponsor. Più l'atleta o la società diffondono un'immagine positiva di sé a livello globale, maggiori sono le ricadute economiche locali. Ovviamente nell'ipotesi che una parte delle attività economiche ad essa connessa abbiano qualche legame con il luogo d'origine, cosa quasi certamente vera nel caso del turismo e dell'immagine di una comunità.

A questo punto, sostenere il Catania, o il Messina, o il Palermo nel calcio come in qualunque altro sport avendo come obiettivo semplicemente quello di giocare nella massima serie è alquanto riduttivo. L'obiettivo deve essere quello di andare a giocare dove c'è il maggiore ritorno d'immagine.

Negli anni ottanta (o meglio, prima della caduta del muro...) effettivamente c'era poco di più della serie A. Ma in un mercato globalizzato come quello di oggi, guardiamoci in faccia un attimo: ma che minch.. ci andiamo a fare a Bergamo? A Verona? Ad Empoli? Quale ritorno di immagine dovrebbe venirci dal giocare in quei purtusi dimenticati da Dio? Soldi buttati. I campi che ci interessano sono altri: noi vogliamo andare a giocare sì a Milano, a Roma, a Torino, diciamo a Napoli, ma anche (e soprattutto) a Barcellona, a Londra, a Parigi, a Monaco. E non per sentirci dire che bella squadra che abbiamo. Semplicemente perché tutti noi siciliani se il Palermo, il Messina, o anche la UPEA Capo d'Orlando o la Orizzonte Catania vanno a giocare in quelle città abbiamo da guadagnarci. Economicamente.

Proviamo a fare un consuntivo economico di quest'anno con tre squadre siciliane nella serie A italiana: il Messina non si è fatto tanto onore, e comunque la seconda retrocessione consecutiva non farà un granché bene all'immagine della città. Il Catania sul campo è andato benissimo, ma quanto a immagine della città diffusa dai media italiani... lasciamo perdere. Il Palermo sicuramente centrerà l'Europa, ma non è detto che arrivi dove vuole arrivare. Sforzi economici immani per ottenere il nulla. Anche l'ultimo derby ci hanno rovinato (no, no, niente complotto per carità...) con quello stadio vuoto. O si, certo: faremo meglio l'anno prossimo. Poveri illusi.

Ma allora, perché non smettere di soffrire ed avere ogni anno tutti i derby siciliani che vogliamo (ovviamente a patto di cambiare questore, prefetto e procuratore della repubblica)? Perché non avere ogni anno due o tre squadre in tutte le coppe europee, nel calcio, nel basket, nella pallavolo? Perché non avere un nostro comitato olimpico? Senza contare il ritorno d'immagine dovuto a qualche medaglia olimpica ed alla partecipazione ai mondiali i calcio. No, no: non per i soliti stupidi motivi, quelli relativi alla Sicilia Nazione, al Popolo Siciliano e così via. Solo per semplici ed egoistici motivi di calcolo economico.

No? Siamo troppo affezionati al nostro vecchio, caro sussidiario? Allora teniamoci il disastro economico. Ed anche i questori incompetenti.

Il Consiglio dell'Abate Vella

Offline bua

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Re: Una serie A con 20 squadre siciliane
« Risposta #1 il: 16 Febbraio 2007, 03:30:05 pm »
Perché invece non la smettiamo di strumentalizzare qualunque evento di cronaca, senza rispetto alcuno nemmeno per le tragedie, per propagandare messaggi politici?