Un tempo i vecchi cronisti di "nera" chiudevano i loro articoli sui delitti senza ancora un colpevole con "la polizia brancola nel buio". Sul delitto sportivo del Catania calcio si potrebbe dire:"la Società brancola nel buio".
Il problema vero é che qui l'autore del delitto (un infanticidio) é la stessa Societá e quindi, più che punire se stessa, dovrebbe ravvedersi dopo un profondo esame di coscienza.
E ora posso parlare di Maran. Per capire perché questi funzionava lo scorso anno mentre quest'anno ha fatto cilecca, bisogna andare alle origini della scelta di Maran dell'anno scorso. La sua scelta si inquadrava infatti perfettamente nella strategia di fondo del progetto sportivo del Catania dei sei anni precedenti: il Catania é una societá piccola e non può permettersi né di assecondare le richieste di un allenatore allestendo un squadra secondo i suoi desideri, né di soddisfare i capricci di un calciatore "superstar" facendo giocare la squadra per lui. TUTTI devono essere funzionali al progetto sportivo, tecnico in primo luogo, con un impianto di gioco ben preciso e collaudato negli anni, progetto di cui la dirigenaza societaria é artefice e custode.
Prima Lo Monaco con autoritá (controllava personalmente pure le cucine di TdG), poi Gasparin con autorevolezza (l'organizzazione innanzitutto) hanno attuato magistralmente questa filosofia gestionale perfetta per il Catania.
Maran, così come tutti gli allenatori che lo hanno preceduto in questi anni (giovani in fase di lancio o di rilancio, ma con esperienze significative alle spalle, tranne Atzori), avevano questa caratteristica: essere allineati ad una societá forte rappresentata dal suo Presidente e dall'AD che ne costituiva il braccio operativo.
La squadra di quest'anno, nella sua ossatura é la stessa di quella costruita con questa filosofia, quindi i suoi componenti sono quelli stessi che per anni sono stati "dominati" da questo modo di pensare e di gestire, la squadra ed in genarale il progetto sportivo del Catania. Per questo Maran non poteva più funzionare, così come non poteva funzionare De Canio il quale, nei mesi che é stato a Catania, credo che non abbia capito dov'era capitato.
Ai giocatori non é sembrato vero ad un certo punto di essere ora "a briglia sciolta" con un "capo" né autoritario né autorevole, ma "paternalistico" che ai primi di settembre ha gestito il caso Barrientos con la bontá del padre verso il figlio che sbaglia, accontendantolo nei limiti del possibile per tenerlo in famiglia anziché prenderlo a "calci sui denti" o accompagnarlo signorilmente alla porta.
In tutto ciò si é inserito come un bomba atomica la figura di Cosentino, un procuratore visto dalla "colonia argentina" in maniera diversa a seconda dei rapporti personali che ciascuno aveva avuto o aveva con lui: ora una garanzia per la carriera (e per l'ingaggio), ora una minaccia. Nonostante il bel dire del Presidente circa l'abbandono di Cosentino del suo vecchio mestiere di procuratore, é evidente che nessuno può crederci e nessuno ci crederá mai.
La squadra, orfana dell'autoritá o dell'autorevolezza ha iniziato a seguire la sua strada, boicottando il lavoro del "sergente di ferro" De Canio, che toglieva dal campo un giocatore al primo errore, per chiedere (non so se esplicitamente) il ritorno "dell'amico" Maran. Lo stile di gestione amichevole di questi dei rapporti coi giocatori é stato premiato nelle prime partite del ritorno (Inter, Parma, Lazio), ma poi altre dinamiche che non sappiamo devono essere subentrate:arrivo persino a pensare ad un nuovo cambio di preparazione atletica e di allenamento rispetto a De Canio, che ha riportato indietro la squadra. Certamente non poteva essere Orazio Russo colui che doveva cogliere queste dinamiche interne allo spogliatoio ed intervenire con tutta la forza della Societá per correggerle.
La nuova cacciata di Maran mi sembra quindi un gesto al tempo stesso di resa davanti a questa situazione e di punizione della squadra. Non penso che a Pellegrino siano stati dati dei compiti particolari, da "ispettore", da valutatore, che avrebbero senso solo con la nuova figura dirigenziale dell'AD.
Certo il nuovo ruolo dato a Caniggia non fa intravedere nulla di buono all'orizzonte, con la conferma di Cosentino quale vice-presidente esecutivo. Purtroppo se non si prenderá coscienza di questo macigno sulla strada del Catania saranno tempi ancora più bui, altro che risalita.