Autore Topic: Le 5 componenti di un genio incompreso  (Letto 1209 volte)

Offline Sergio

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Le 5 componenti di un genio incompreso
« il: 16 Maggio 2021, 11:03:17 am »
Pubblicato in vari gruppi rosanero il 4 maggio accanto ad una foto di Lo Monaco

Tutti certamente ricorderanno questo dirigente che qualche anno fa prestò la sua opera anche a Palermo dopo che aveva contribuito notevolmente a fare la fortuna della squadra etnea. Iniziò a collaborare con Pulvirenti, cultore e padrino del teorema “stamu avvulannu”, quando la loro squadra era l’Acireale, terra mitologica dove legenda vuole che sbocciò l’idillio amoroso tra Aci e Galatea, contrastato dal gigante Polifemo, ma anche patria del cavolo trunzu una varietà di cavolo rapa molto piccolo e che in virtù dell’antico detto popolare “Aci babbana civitas trunzorum cavolorumque magna mater est” valse ai cittadini acesi il poco nobile pregio di essere definiti immeritatamente “trunzi”. Tutto ciò fino al 2003, anno in cui la squadra acese sfiorò la promozione in B, dopo di che nacque in loro la necessità di avere qualcosa di grande e più grosso per potere espandersi. Inutile aggiungere che tutte le attenzioni del duo, “affettuosamente” soprannominato dai tifosi etnei “il gatto e la volpe” furono rivolte a Catania che per importanza ed utenza era tutto un altro mondo rispetto alla piccola cittadina barocca, una Catania che non digeriva più il ruolo di ruota di scorta del Perugia ed un eloquente ed inequivocabile striscione apparso in curva con la dicitura “o programmate o ve ne andate” convinse i Gaucci a cedere la proprietà al più ruspante e sanguigno Pulvirenti, piccolo imprenditore locale che, quasi come un atto di magia, riuscì a metter su un impero in brevissimo tempo. Tutto il resto della storia è arcinoto a tutti gli appassionati di questo sport: in 2 anni il Catania approda in A e sebbene non raggiunga mai “le vette” toccate dai nobili cugini rosanero riesce comunque a fare campionati più che dignitosi. Pulvirenti era la sintesi perfetta della spocchiosità etnea, vivente testimonianza di cosa sia un parvenu, un ex povero inebriato dal profumo del danaro che lo indusse, probabilmente a causa delle grosse abbuffate di cavolo trunzu consumate ad Acireale, a ritenersi (come Ulisse) un uomo dal multiforme ingegno, una specie di re mida che trasformava in oro tutto quanto toccasse e che tutto ciò che brillava a Catania fosse tutto per merito suo. Una specie di autoesaltazione che, non appena nacquero le prime incomprensioni con suo compare monaco tibette, lo portò a credere di non aver più bisogno di lui, che era diventato un peso e che sarebbe ora che si separassero e ognuno andasse per la propria strada. I segni premonitori della rovina però c’erano tutti, la Windget, La Meridi azienda che controllava tutti i supermercati Fortè in Sicilia, ma anche la catena d’alberghi, si avviarono a un lento ma inesorabile declino e con essi anche la squadra etnea, ormai priva del suo massimo mentore, scivolò prima in B poi, per vicende extracalcistiche, anche in C e l’anno scorso fino alle soglie del fallimento. A nulla valse il ritorno del “tibette” perché aveva lasciato un rigoglioso impero e trovò una voragine insanabile ma soprattutto un ambiente incazzato e ostile perché anche lì, come qui a Palermo, ci si lascia trascinare da quell’innaturale e ingiustificato convincimento di essere godenti da qualche diritto divino e che certe posizioni spettino per natura, per DNA, per conformazione biologica, ignari, ma anche incapaci di capire e di comprendere, che nulla ci è dovuto ma che tutto va conquistato con fatica, sacrificio e sudore.
Quale fu l’arma segreta di Lo Monaco che non riuscì a riproporre nella sua seconda esperienza rossazzurra? (e qui adesso entriamo nelle cose nostre perché siamo qui per parlare del Palermo non del Catania o di Lo Monaco).
Il “teorema” di Lo Monaco era molto semplice. Lui aveva individuato le così dette 5 componenti che stavano alla base di ogni successo nel mondo del calcio. Sono 5 istituzioni ognuna della quali è chiamata a fare la propria parte e che basta che una di queste venga meno che il progetto rischia di non decollare o di fallire se è già in alto.
Le 5 componenti sono: società, tifosi, squadra, stampa e istituzioni.
Ora molliamo Catania e il tibette e concentriamoci sulle cose nostre. Come stiamo a Palermo con queste così dette 5 componenti, un teorema che io ritengo molte pertinente e validissimo?

Società: ad oggi, secondo il mio punto di vista (e chi mi legge ormai conosce bene), ho ben pochissime cose da rimproverare (su tutte l’incomprensione e la mancanza di chiarezza con Boscaglia). In questo sport non esiste chi non sbaglia nulla ma solo chi sbaglia meno ed a ragionare con il senno del poi siamo tutti bravi. Per di più io non posso non tenere conto di tutte le variabili e di tutti gli annessi e connessi che hanno determinato il percorso di una stagione e quando Sagramola afferma che dall’agosto 2019 all’agosto 2020 “è cambiato il mondo”, io non posso che constatarne l’amara verità. Diritti divini io non ne mangio, manna che cade dal cielo non ne ho mai vista. C’è solo il lavoro che produce frutti e ad oggi dalla D siamo passati in C e tra poco ci giocheremo la roulette i play off dove quasi sicuramente non vinceremo e nella nostra eventuale sconfitta saremo in compagnia di altre 27 squadre alcune delle quali con più risorse di noi e molto più attrezzate della nostra. Non ho nulla da vergognarmi, IO!

Squadra: dopo un inizio balbettante per via di un allenatore che non è riuscito a inserirsi direi che si è rimessa in carreggiata e lascia quanto meno sperare in una sua partecipazione dignitosa a questi play off. Se guardiamo bene l’11 titolare osserviamo che è rimasto ben poco di chi c’era prima in D quindi una squadra quasi tutta nuova che inevitabilmente ha pagato dazio durante tutto il campionato. Ma ormai questo è concluso, ci rimangono i playoff e sulla disputa dei quali ho qualche dubbio sull’impegno che metterà in campo Lucca, perché se fosse vero che ha già un accordo di massima con qualche club prestigioso di categoria superiore potrebbe voler non rischiare di farsi male e di compromettere così il suo cammino futuro. Lucca è un giocatore molto fisico che fa a sportellate con gli avversari e il duello agonistico spesso prevale su quello tecnico (che per difensori di serie C non potrà mai essere di livello eccelso). Che Lucca possa prevenirsi non allungando la gamba più del minimo necessario lo ritengo un rischio concreto. Sta all’allenatore trovare le giuste contromisure come pure correggere la tendenza endemica di questa squadra a prendersi cartellini evitabilissimi. Da ora in poi ogni giallo si trasforma in diffida ed ogni assenza potrebbe diventare pesante.

Tifosi: qualcuno ha voluto che questi di dividessero in due categorie: mirriani e antimirriani. Fortunatamente quest’ultima è un insignificante minoranza (anche se fastidiosa), lo constato nei miei post che lascio in diversi gruppi dove tra tanti like c’è sempre quello in lotta contro il mondo ed anche contro se stesso. L’essere ambiziosi è sempre stato un valore positivo che deve nutrire ogni essere umano, un legittimo desiderio di migliorare la propria posizione ma che in questo sport passa necessariamente attraverso il progetto, l’impegno e il lavoro. Se ci si aspetta qualcosa di diverso che si debba ottenere per grazia ricevuta significa che si è avulsi dalla realtà e portatori di un disagio esistenziale che porta al dileggio e al disprezzo di chi con logica e raziocinio ha deciso di programmare e di procedere a passi ponderati, senza voli pindarici spesso forieri di rovinose cadute. E francamente mi sono stancato di perdere tempo con chi fortemente condizionato dal risultato sportivo che ne pregiudica una sensata valutazione, ha eretto il suo muro di gomma votandosi all’incomprensione di concetti semplici ed elementari. Già il solo immaginare che questi domenica prossima si appresteranno a sostenere ciò che hanno disprezzato per mesi mi dice quanto sia precario l’equilibrio in cui poggiano le loro argomentazioni. Domenica prossima costoro vinceranno sicuramente, sia che il Palermo avanzi, sia che esca fuori. Perché se il Palermo andrà avanti sono pur sempre palermitani; se il Palermo uscisse godranno degli alti onori di poter strepitare “l’avevamo detto”. Ma se non si è capaci di comprendere il mare in cui si naviga il loro sarà solo un vacuo urlo nel deserto. Torna pure quando avrai trovato un berlusconi che ti illuda di amare Palermo e i palermitani, se sarà vero scriverò anch’io “mirrivattene”.
Ma fortunatamente quella sopra è una minoranza, il resto sa che c’è da lavorare, da rimboccarsi le maniche e SOSTENERE, l’unico onore/onere di pertinenza del tifoso.

Istituzioni: non so quanto possano definirsi vicine alle sorti della squadra quelle parti di istituzioni che si occupano delle vicende sportive della nostra città. So per certo che chiedere 350 mila euro di canone di locazione per il Barbera (che è quanto pagava il friulano con la squadra in serie A in uno stadio aperto al pubblico) non si può certo definire una istituzioni che “remi dalla stessa parte”, semmai un ostacolo aggiuntivo al progetto di crescita e di promozione strutturale della società. So che era stata chiesta la gestione novantennale del Barbera per avviare un progetto di maquillage dello stadio per renderlo più funzionale per la squadra e più fruibile per i suoi tifosi. Che fine ha fatto?
Insomma, parere da profano, credo che le istituzioni una delle componenti essenziali citate dal tibette, non stiano remando dalla stesse parte, secondo le aspettative dei tifosi e della società.

Stampa: qui veniamo alle note dolentissime, probabilmente la più lacunosa delle componenti. E’ chiaro che ciò che si definisce “stampa” accomuna non solo la carta stampata ma tutti i media in genere, compresi i gruppi facebook ed altri “siti e sitarelli” (cit.), alcuni dei quali millantano patenti di "testata giornalistica". Tutte quelle entità insomma che avendo il potere della comunicabilità riescono a orientare il pensiero comune e spesse volte, dietro la democratica intenzione di diffusione di notizie e di opinioni, si cela un esiziale disseminazione di idee e informazioni artefatte con lo scopo di indurre a specifiche prese di posizione. A volte si ricorre a tecniche di persuasione il cui fine reale sfugge alla mia comprensione, come ad esempio chiedere un intervista a chi per scopi non troppo chiari, ma di sicuro ignobili, riversa tutto il suo veleno verso chi, è evidente, aveva scelto di avvalersi dell’opera di altri per la realizzazione dei suoi progetti. Quindi ciò che in sintesi dovrebbe essere pura e semplice esposizione dei fatti nella loro completezza, ossia descrizione della realtà nella sua interezza, spesse volte cela campagne ipocrite e parziali ed il cui movente è di difficile individuazione.
Ieri credo si sia toccato il fondo. Vero è che ognuno risponde delle proprie azioni, e, nel caso specifico, di ciò che dice. Ma quando si va addirittura a sindacare sulla dignità di un collega (Filippi) il giornalista (o presunto tale, non lo so) avrebbe dovuto avere quanto meno la delicatezza e la buona educazione di dissociarsi e di prendere le distanze da ciò che il suo intervistato sta per dire (o che già aveva detto). Altrimenti non ci si lamenti se Sagramola accusa una scarsa professionalità ed uno scarso amor di squadra di certi giornalisti. Perché che Tedesco avesse qualche sassolino nella scarpa che egli ritenesse di doversi togliere era arcinoto a tutti. Mi chiedo quindi dove sta la necessità, l’amor di squadra, il remare tutti dalla stessa parte quando si decide di fare da microfono e da cassa di risonanza ad uno che troverà la sua personale soddisfazione quando il Palermo, sfracellandosi, avrà dato conferma alle sua inopportune lucubrazioni.
(apro una parentesi: per inciso, io non mi scordo nulla, il giornalista oggetto della mia attenzione, quest’estate aveva definito TUTTI gli acquisti del Palermo come calciatori di assoluto livello e che il centrocampo del Palermo era uno dei migliori di tutta la serie C. Le lodi per Odjer, per Broh, per Corrado, per Marconi, per Palazzi, per Almici, (forse ne scordo qualcuno) si sono sprecati e sono stati definiti il meglio che si poteva sperare di prendere. L’unico rimpianto era stato Bianchi che se fosse arrivato avremmo potuto giocarci anche il primo posto col Bari. Ho provato un profondo senso di scoramento quando il giornalista ha ammiccato il suo consenso nella definizione di “mediocre” che veniva data alla squadra da Tedesco.)
E non sono le sole. Altro giornalista su cui davvero ci si dovrebbe interrogare sulle sue ALTE qualità professionali ha lamentato che non ci siano stati tifosi che abbiano festeggiato il raggiungimento del 7° posto. Ma nemmeno chi è arrivato secondo ha avuto nulla da festeggiare dove vince solo chi arriva primo ed era arcinoto a tutti che non saremmo stati noi. Adesso io mi chiedo come farò a trovare del tempo da sprecare per seguire queste persone se il loro argomentare è così lacunoso e irriflessivo che non soltanto distorce dalla realtà delle cose ma mi porta a chiedermi se non persegua altri fini da quello del divulgare notizie e dell’opinarle.
Ed anche costoro, come gli antimirriani di cui sopra, domenica prossima saranno incollati al Barbera, speranzosi che la squadra di cui si apprestano a narrarne le gesta smentisca tutte le maldicenze e le aberrazioni di cui sono stati capaci.
Insomma delle 5 componenti del teorema di Lo Monaco, le due che fagliano clamorosamente sono quelle da cui sarebbe lecito attendersi maggior capacità di giudizio e di considerazione.
« Ultima modifica: 16 Maggio 2021, 11:47:19 am da Sergio »
8 MARZO 415 d. C. IPAZIA DI ALESSANDRIA, MARTIRE LAICA DEL PENSIERO SCIENTIFICO