Sto ancora chiedendomi quando si deciderà il nostro sindaco a togliere la cittadinanza a quell’indegno personaggio friulano. Ma non solo, nel processo che ci sarà a carico di quel coso dovrebbe presentarsi anche come parte lesa perché oltre il danno sportivo, inqualificabile, c’è anche il danno di immagine che è piuttosto rilevante.
Questo post scritto dall’amico Templare mi cade a proposito, perché a fronte dei tanti attestati di stima e di affetto ricevuti da tutti gli avversari finora incontrati (ed anche a Nola è previsto un ricevimento con tutti gli onori del caso), c’è ancora qualcuno che strumentalizza l’intera vicenda per dare sfogo al suo innato odio verso la nostra città.
E’ stato attestato e conclamato appena qualche giorno fa che le negli ultimi 3 anni le casse del Palermo sono state volutamente prosciugate causando danni irreparabili.
Scrive la repubblica:
“Zamparini ha messo in ginocchio le finanze del club, Tuttolomondo ha dato loro il colpo di grazia. Un crac da 52 milioni di euro in cui, secondo giudici, periti, commissari e amministratori giudiziari il protagonista è Maurizio Zamparini, l’imprenditore friulano. (…) Con l’affare del porto di Grado da 500 milioni di euro bloccato e altri investimenti finiti in perdita per la congiuntura economica internazionale sfavorevole, una buona parte della liquidità del gruppo era assicurata dalle entrate del Palermo che fra biglietti, sponsor e diritti televisivi garantiva un ottimo flusso di cassa. I giudici lo scrivono in diverse occasioni: Zamparini sistematicamente azzerava i conti correnti della società spostando il denaro in società estere per evitare di pagare i debiti e probabilmente per finanziare le altre sue attività. Soldi che rientravano nel Palermo solo quando era indispensabile (pignoramenti, decreti ingiuntivi o altre scadenze improrogabili). Le casse del club erano diventate una sorta di bancomat per l’intero gruppo. L’unico problema erano i bilanci che poi dovevano essere truccati con stratagemmi finanziari (come la tripla vendita fittizia del marchio) per azzerare la montagna di debiti creati e riuscire ad iscrivere la società ai campionati”.
Un mio amico (ormai ex) su FB, molto noto nel web visto che anni fa era stato webmaster di .com, dimenticando(?) di avere amici palermitani in lista che sicuramente avrebbero letto il suo link, ha commentato la seguente notizia con la generica dicitura “IMBROGLIONI E FALLITI”. Al che, io, risentitomi, gli faccio presente che sta per esserci un processo per fallimento e imbrogli e ci saranno imputati con tanto di nome e cognome e nessuno di questi è palermitano e nessuna responsabilità, né per gli imbrogli, né per il fallimento, viene riconosciuta alla città e alla tifoseria. Ma egli, fiancheggiato da un suo amico che cominciò a tirare in ballo storia, matricole, identità ed altre amenità varie, ha replicato continuando ad adoperare il verbo “avete”, dimenticando volutamente che erano ormai 5 anni che al Barbera c’era il deserto, che non potevamo più accettare il modo di fare calcio del friulano, che la mancata affiliazione è stata per noi una liberazione, che stiamo dimostrando che ci è serenamente possibile fare calcio a Palermo senza intrallazzi (e senza treni dei gol, peccato che non glielo scritta sta cosa, oltre al fatto che dovunque vada il Palermo è una festa e non abbiamo trasferte vietate (tranne dalle sue parti) per cui, se qualcuno deve guardarsi allo specchio valuti bene chi debba farlo).
Evitando di prodigarmi ancora in una sterile e ingenua polemica (ingenua perché il tipo è tifoso di una squadra che è “muru ku muru ku spitali” e dalle finestre del quale s’intravedono già le sinistre sagome snellite dei cipressi, ragion per cui si richiederebbe maggior discernimento dei fatti e maggior serenità di giudizi) l’ho rimosso dalla mia rubrica ma ciò non è bastato a ridarmi la serenità ed anche la gara del giorno dopo l’ho vissuta con un senso di inquietudine, di turbamento, tanto era forte e stridente il contrasto tra ciò che si stava esprimendo al Barbera e ciò che mi venne bellamente rinfacciato il giorno prima. Perché non ci si può esprimere in questo modo sapendo di andare a irridere e infastidire persone che se ti incontrassero per strada ti accoglierebbero a braccia aperte, sorridenti e felici di stringerti la mano e portarti al bar.
Ecco perché dico che oltre il danno sportivo, procurato dal fraudolento di Vergiate c’è anche un danno di immagine da valutare attentamente.