Casorezzo (MI), 2 Luglio 2015
Caro Dario,
anzitutto, nel mio messaggio iniziale dell'altro filone, "Il perduto onore", ma anche in precedenza, ho espresso le mie riserve proprio sulle sue reazione per i fatti del 2 Febbraio, ma lì c'erano le attenuanti emotive. Il personaggio, tu dici? Ma ogni persona è un mondo complesso: in tutti coesistono un uomo naturale, vittima dei peggiori impulsi, e un uomo spirituale, che sa perfettamente che differenza ci sia tra bene e male e quale sia la scelta che si impone. Nulla mi toglie dalla testa che fino a tre o due anni fa l'uomo naturale era tenuto in catene in un cantuccio dell'anima di Pulvirenti e di rado levava qualche guaito di protesta. Poi l'orgoglio, la strumento prediletto dell'antico avversario, l'ha fatto sragionare - mi riferisco a Pulvirenti - e gli ha dato a intendere che il successo giustificasse ogni suo tipo di scelte, scatenando confusione nella sua vita professionale e familiare. L'uomo naturale, privato di ogni sorta di freni, ha iniziato a ululare impazzito e l'avvicendamento delle sorti, con le sconfitte che hanno preso il posto delle vittorie, hanno indirizzato l'infelice sulla china della perdizione fino alla più completa abiezione. Mi domando, inoltre, se per Pulvirenti, per cui provo una grande compassione, dal momento che non si può invidiare la sua vita futura tra la disapprovazione sociale a cui è andato incontro e il disprezzo di sé che è conseguenza della sua condotta, sia prevista una qualsiasi forma di riscatto. Mi rifiuto di credere che un'economia superiore della realtà non contempli la possibilità di rialzarsi dopo una caduta così infame. O forse devo pensare che Pulvirenti trascorrerà il resto della sua vita in fuga da Catania con il desiderio di nascondersi e far dimenticare l'ignominia del suo gesto? In ogni caso, tutto è cominciato dell'orgoglio, dalla tracotanza, dall'assurda pretesa di potere andare oltre ogni limite. Nelle tue parole, Dario, avverto troppo orgoglio, come se non fossimo tutti preda delle stesse forze malefiche. Nessuno può dirsi mai sicuro. Fraternamente,
Marco Tullio