Sí è dimesso ancora. “Questa squadra non è una famiglia”, ha detto, annunciando la sua decisione.
Ora, ci sono due modi per leggere Silvio Baldini: o è un paraculo destinato a un girone dantesco oppure è un individuo moralmente e spiritualmente ben al di sopra della media.
La prima ipotesi è quella più semplice da sposare. Dopo l’amichevole estiva col Pisa ha visto che il suo Palermo si era sfaldato ed ha abbandonato la barca prima di prendere l’imbarcata che si sta invece prendendo, piena, Corini. Idem a Perugia, tre partite, zero punti, giocatori refrattari, ciao, ciao. Col piccolo particolare della rinuncia ai contratti ed ai soldi ad essi legati.
La seconda ipotesi è difficile da accettare nel Brave New World della società illuminata del III millennio. Sui social ho letto commenti di gente che lo accusava di mitizzare il concetto di famiglia. Da un lato lui, il suo modo di fare unico, il suo mettere la famiglia sempre al centro di tutto, dall’altro la realtà di una società secondo cui basare la tua vita su un’idea considerata superata, se non vista anzi come una minaccia per il “progresso” umano, è qualcosa di inconcepibile.
Io, che di fottute nella vita ne ho preso tantissime, gente che credevo amica e poi amica non era, personaggi che ho quasi divinizzato, per poi scoprire che Vanna Marchi gli spicciava casa, potrei starmene tranquillo ed evitare di prendere posizione, eppure…
Eppure io penso che Baldini sia davvero one of a kind e aggiungo che il calcio dovrebbe lasciarlo definitivamente. Credo che lo scorso anno abbia realizzato qualcosa di irripetibile, ai limiti del magico e credo pure che il suo più grande errore sia stato quello di non presentare le dimissioni un secondo dopo avere vinto col Padova. Quel Palermo, quella famiglia, aveva ragione di esistere per una sola stagione. Il calcio non è famiglia, non potrà mai esserlo, al netto di brevi, piccoli momenti. Al netto di un mese di play off.
Caro Silvio, adesso, davvero, goditi la famiglia. E non deludermi. Almeno tu.