Domenica 8 settembre, allo stadio Renzo Barbera, avremo l’onore di ospitare nientepopodimeno che il San Tommaso, squadra di un piccolo quartiere di Avellino, che arriverà a Palermo sabato mattina, in nave. Pare che i dirigenti della squadra irpina abbiano tutti acquistato un tagliando di tribuna che verrà conservato come prezioso cimelio da mettere in bacheca perché per loro la sfida del Barbera sarà un evento straordinario e probabilmente unico della loro storia.
Se l’evento di domenica prossima riserberà tanto onore e prestigio alla squadra campana, di rimando per noi sarà motivo di scuorno e avvilimento. Ci vorrà ancora del tempo per metabolizzare questo passaggio, dalla probabile serie A del mese di giugno scorso, alla serie D di oggi, cioè un paio di mesi dopo, un salto all’indietro di 4 categorie. A chi l’onore di questa magnifica capriola? A Zampa, certamente, quello che per quanto scrive il giornalista Francesco Patanè su larepubblica di oggi, “secondo la procura, in questi anni c’è stato un sistematico svuotamento dei conti correnti del club rosanero per evitare che venissero aggrediti dai creditori. Milioni di euro che per la procura sono stati spostati all’estero e utilizzati anche in altre società del gruppo Zamparini.” Ecco per cui, nella casse rosanero, non era rimasta neppure una lira.
Tutto ciò, se può apparire non evidente e non di primo acchito a chi nella vita ha tant’altro da fare, è apparso invece evidentissimo alla stragrande maggioranza della tifoseria rosanero. Alla fine del campionato 2015/16, la squadra riuscì con enorme fatica a conquistarsi la salvezza, grazie alla caparbietà dei senatori Vasquez, Maresca, Gilardino, Sorrentino che non volevano figurasse l’onta della retrocessione nella loro carriera. Era l’estate in cui sebbene già in tanti cominciavano a sentire puzza di bruciato, la maggioranza dei tifosi, me compreso, credeva ancora nelle buone intenzioni di Zamparini e che le difficoltà presenti erano incidenti di percorso e problematiche dovute a complicate dinamiche di gestione. Si doveva ripartire da quella salvezza risicata per correggere gli errori di programmazione ma stranamente coloro che riuscirono a portare in salvo la squadra furono tutti cacciati via senza per altro essere sostituiti. Scarsi e incapaci furono invece trattenuti, segno inequivocabile che la squadra doveva già retrocedere l’anno prima e si fece in modo di non fallire l’appuntamento con la B nell’anno successivo. Ed infatti l’anno dopo si retrocedette, portando a termine un campionato dove l’onore, la dignità e il rispetto dovuto alla città e alla tifoseria furono ignobilmente calpestati e derisi. Un susseguirsi di sconfitte, una dietro l’altra, anche con squadrette di primo pelo e senza storia. Una squadra senz’anima, senza forze, organizzata senza criterio, senza amalgama, senza personalità e con diversi giovani allo sbando. E nel frattempo, se qualche giocatore aveva mercato veniva prontamente ceduto senza tanti rimpianti. Dopo la retrocessione, tutte le “maestranze” societarie venivano azzerate e sostituite con carneadi di bassissimo profilo. Un DS, Lupo, che non cercava più nessuno, un allenatore da 1.500 € al mese che doveva dirgli grazie ad ogni partita per avergli dato l’onore di farlo credere allenatore di serie B e lui, l’imperatore friulano, che dirigeva incontrastato lo svuotamento societario, il dissanguamento patrimoniale, l’azzeramento totale. Il Palermo era come un vecchio malato steso sul letto ed a cui era stata aperta una vena da cui si lasciava lentamente scorrerne via il sangue, fin quando non divenne esamine.
Tutto ciò era abbastanza evidente a chi aveva a cuore e a chi seguiva da vicino le sorti della squadra rosanero.
Sull’asservimento della stampa locale posso anche farmene una ragione, era pur sempre gente che doveva portare il pane a casa. Ma coloro (pochi ma pericolosi e, alla fine, decisivi) che dall’estate del 2016 portarono alimento (biglietti, abbonamenti, gadget), quindi linfa vitale, sostegno, che nei fatti e nella realtà della cose corrisponde a consenso e approvazione, non possono non sentirsi responsabili anch’essi se domenica prossima riceveremo con tutti gli onori il San Tommaso a Palermo. Amenità del tipo “solo la maglia, i presidenti passano il Palermo resta, io tifo per la squadra non per il presidente, la contestazione si fa allo stadio e non dal divano di casa”, ecco, tutte queste “belle cose” hanno solo fatto il gioco di chi quotidianamente prendeva a martellate il Palermo, la loro speranza, vana e ingenua, che il martellatore si fermasse e con un inversione di rotta ricomponesse il tutto, li pone oggi in una condizione non solo di lecito dileggio ma è lecito anche ritenerli immaturi irresponsabili perché se si fossero fermati anch’essi nell’estate del 2016 nel dare la propria partecipazione (€€€€€€€€) a chi stava conducendo il Palermo alla rovina, la società sarebbe stata ceduta prim’ancora che diventasse un cadavere.